
Una linea netta tra vero e falso prima che sia troppo tardi
Una volta era tutto orrendamente chiaro. I greci erano un fattore perturbante, dopo la fine dell'impero ottomano e il rigonfiamento del nazionalismo turco, andavano spazzati via, e le notizie false venivano dai servizi segreti, erano amplificate dalla stampa corriva al governo, e si risolvevano con linciaggi e roghi. Le fake si poggiavano sulla realtà dell'odio etnico e religioso, la bestia nera del patriarca Athenagoras e dello studioso Olivier Clément nutriti di cosmopolitismo e tolleranza, fino al sogno ecumenico. Ora poggiano sul pressoché niente della percezione, sono l'invenzione di un'invenzione, e per il momento non hanno effetti tanto catastrofici. Ma per il momento. Oltre al pamphlet febbricitante e informato di Rocca (“Chiudete internet”, Marsilio), oltre alla riflessione ampia di Will Davies (Einaudi), è uscito in Francia un saggio che si chiama “Gli ingegneri del caos”, autore l'italiano Giuliano Da Empoli, che i lettori qui conoscono anche per la sua prodigiosa intervista a Steve Bannon, ospitata tempo fa sul Foglio del lunedì. Il saggio è stato festeggiato dal Financial Times, da Le Point e da altre tribune, è in traduzione inglese tedesca e italiana (qui uscirà a maggio), ed è una delle spiegazioni più brillanti e esaurienti del retroterra mediatico della crisi delle democrazie liberali.
Anche la chiesa cattolica è vittima dell'ingegneria del caos. Scrive Serge Besançon su Commentaire, la rivista dei liberali francesi, in un saggio eccellente sui preti perversi e la chiesa sposa e madre, che l'istituzione ecclesiastica ha sempre saputo trattare con gli imperi, i monarchi e le democrazie, ma “sembra molto più fragile davanti al potere mediatico e perfino pietrificata dalla rete dei social network”, e si difende tradendo la sua paura dello scandalo: “Il suo terrore del giudizio degli uomini ha sostituito quello del giudizio di Dio. Il suo desiderio di piacere agli uomini ha sostituito la sua vocazione d'amore verso il Salvatore”. Non è poco, come conseguenza delle rumorose notizie, vere e false, sulla pedofilia del clero.
Il misto di vero e falso che sta sempre dietro alla falsificazione, che è un assurdo complemento della verità in epoca di relativismo, è qualcosa a cui non si sfugge. Ci si costruiscono fortune e disgrazie a volte anche comiche. Come quella di Julian Assange, uno dei due spioni in chief che hanno fatto molta ingegneria del disastro, e che è ristretto dal 2012 nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, dalla quale ora lo vogliono sloggiare perché dicono che non si lava, che si comporta come un adolescente difficile, che è diventato mezzo matto a forza di star lì a ricevere Lady Gaga e altri vip in vena di sovversione mediologica. Il mondo del falso non ha ancora varcato la linea rossa del pogrom, nel nostro tempo siamo alle scaramucce, ma sarebbe saggio che i realisti, quelli che non credono nelle verità multiple, “il diritto alle proprie opinioni e anche ai propri fatti”, al “questo lo dice lei”, comincino a stabilire una linea di demarcazione netta, prima che sia troppo tardi.


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