Imprese in rivolta, ma il capo di Huawei: “Raggi ha capito il futuro” L'esasperazione degli imprenditori romani che si sentono presi in giro ma non reagiscono. La piccola elemosina cinese

L'esasperazione degli imprenditori romani che si sentono presi in giro ma non reagiscono. La piccola elemosina cinese

Gianluca De Rosa

    Roma. “E' dall'inizio del suo mandato che proviamo invano a dialogare con il sindaco Raggi”, racconta Filippo Tortoriello, presidente di Unindustria, la Confindustria capitolina. “Tutti i tentativi di avviare un lavoro insieme sono sempre andati a vuoto: nelle rare occasioni in cui l'abbiamo incontrata è stata molto gentile, ha promesso di vederci, ma poi niente”.

    Una sordità che lunedì ha costretto Unindustria insieme alle sei principali associazioni di categoria di imprenditori, commercianti e agricoltori ad abbandonare l'atteggiamento dialogante e fare qualcosa a loro non congeniale. Un duro e diretto attacco al Campidoglio. Convocati i giornalisti per una conferenza stampa, le associazioni che con i loro iscritti rapprensentano l'80 per cento del Pil romano hanno annunciato: “La città è ferma, siamo alla paralisi. La sindaca ci incontri subito”. E dopo 24 ore di silenzio, martedì pomeriggio, la prima cittadina ha fatto sapere: “Sicuramente li inviterò in Campidoglio per un confronto costruttivo: è positivo incontrarsi e discutere. Noi stiamo facendo già moltissime attività”. Imprenditori e commercianti prendono atto e aspettano che si passi dalle parole ai fatti.

    Come con #Fabbrica Roma. L'iniziativa voluta dalla Raggi per rilanciare lo sviluppo della città, ma considerata da tutti “il nulla assoluto”. Per la Capitale, hanno detto le associazioni di categoria dando questo nome alla loro iniziativa, non basta una fabbrica serve un nuovo #Rinascimento. “Un masterplan, un piano strategico da qui al 2050 per decidere che cosa sarà di questa città”, dice Tortoriello.

    Ma il Campidoglio è un'altra cosa. Gli uffici sono luoghi paradossali. Sparsi sull'arce capitolina, ma anche a macchia d'olio per tutto il centro e fino al quartiere Ostiense. Sono edifici di ogni epoca e stile archittetonico, accomunati soltanto da avere tutti la stessa struttura labirintica. Dentro, in alcune stanze, si possono trovare come in un delirio onirico persone sedute su lunghe scrivanie senza computer né faldoni. Donne intente a limarsi le unghie e uomini assorbiti nella lettura del giornale. Sia la disorganizzazione o l'indolenza a tenerli lì così è un mistero. Non basta però. Dopo Mafia Capitale l'amministrazione soffre di un altro e più grave male: la paura nei confronti dei magistrati. Le commissioni aggiudicatrici degli appalti sono difficili da formare e anche quando ci sono, spesso i funzionari disertano le sedute. Burocrazia difensiva, la chiamano gli addetti ai lavori. E così in città, secondo i dati raccolti da Acer, l'associazione dei costruttori, facendo la spola ufficio per ufficio, dai lavori per la riqualificazione dei giardini di piazza Vittorio al nuovo ponte della Scafa, dalla manutenzione della Galleria Giovanni XXIII all'abbattimento di una parte della sopraelevata della tangenziale Est, le opere bloccate nelle lungaggini delle gare valgono quasi 200 milioni di euro.

    E in questa stasi surreale, intanto, la città affonda. Le grandi imprese fuggono e Pil e rilevanza della Capitale si riducono. Secondo un rapporto presentato la scorsa settimana da Unindustria e dallo studio Ambrosetti oggi Roma vale solo il 9 per cento del Pil nazionale, ben distante dalle percentuali a due cifre di Parigi e Londra. Mentre il reddito procapite (circa 32mila euro), un tempo il quarto di Italia, perde due posizioni, superato da Modena e Firenze. Ai dati economici si aggiunge l'oggettivo stato della città: tre stazioni della metro chiuse nel cuore del centro storico e la spazzatura che non si sa più dove mettere. “E pensare – dice il presidente Tortoriello – che noi avevamo invitato la sindaca a Copenaghen per capire come hanno organizzato lì il ciclo dei rifiuti, con il termovalorizzatore più moderno al mondo: sopra c'è addirittura una pista da sci, realizzata da un'impresa italiana. La sindaca però non ci ha risposto. Riusciamo a vedere il primo cittadino di Copenaghen, ma non lei”. Nonostante tutto questo, però, nessuno chiede le dimissioni della Raggi. “Più che dimettersi dovrebbe dismettere l'attegiamento arrogante che ha avuto in questa prima parte del suo mandato”, dicono. Al massimo il presidente di Confesercenti Walter Giammaria paventa una giornata di piazza. Un evento almeno improbabile.

    Se la sindaca non parla con i corpi intermedi la sua amministrazione ha invece stretto forti legami con singole aziende. C'è la startup NintyNine Urban Value che non solo con 60 mila euro si è aggiudicata la locazione temporanea di tre ex depositi di Atac, ma adesso ospiterà lì diversi eventi organizzati dal Campidoglio: dalla startup week al villaggio della Maratona di Roma . E c'è il colosso cinese Huawei. “Roma – ci dice il presidente di Huawei Italia Luigi De Vecchis – è una città complessa e la sindaca come i suoi predecessori deve affrontare mille difficoltà, ma nessuno ha capito come lei dove va il futuro”. Sarà. Intanto al Colosseo Huawei ha installato 18 telecamere intelligenti e presto farà lo stesso all'Eur, a San Lorenzo e a piazza Vittorio.

    Gianluca De Rosa