
Guglielmi, mente di una tv per “non deficienti”
Così come sa sfogliare rapidamente un libro, selezionare le pagine che gli interessano, chiuderlo se non vale la pena, così ha fatto con la televisione. Sfogliava, cambiava, buttava. D'altra parte vi è una cerniera potente che ha legato i due mestieri: l'attenzione al linguaggio. Guglielmi, salvo di recente, ha voluto occuparsi solo di letteratura italiana. Riteneva che scrivere la critica di un libro letto in traduzione fosse un controsenso. Significava non coglierne il linguaggio. E il linguaggio, anche in tv, è tutto. […]
La Terza Rete comincia a preoccupare, non perché spende poco, non per i contenuti. Preoccupa perché fa ascolto. Questo non era previsto. La trasmissione di Donatella Raffai, Chi l'ha visto?, sfonda la barriera dei 1° per cento di share nel prime time. La componente sadomaso della trasmissione, con una severa maestra che bacchetta gli scolaretti che non rispettano le regole, che si prendono delle libertà non concordate, irrompe nelle case degli italiani e rivela come i fatti della gente qualunque catturino più interesse della storia dei Savoia o della gravidanza delle attrici. Crescono gli ascolti e precipitano nelle edicole le vendite dei rotocalchi popolari. Parte il primo seme che genererà mostri successivi (vedi Grande fratello).
Le preoccupazioni diventano incubi quando gli ascolti a due cifre si raggiungono con la leggendaria Samarcanda, dove ancora una volta è il linguaggio a diventare programma. Michele Santoro inventa un nuovo racconto della politica, assume la “villaneria” di Guglielmi, e la esalta. E' un tornado che fa volare via i banchetti delle tribune politiche, le domande concordate, le buone maniere tra gli addetti ai lavori. Una tromba d‘aria devasta il tubo catodico. Arriva la piazza. Il tutto in diretta, senza ammortizzatori. Samarcanda e le versioni successive (da Il rosso e il nero in poi) creano – proprio per la novità del linguaggio – un problema di classificazione. E' intrattenimento? E' giornalismo! Non si tratta di cavilli: la classificazione pone il programma sotto la direzione di Guglielmi oppure sotto quella di Sandro Curzi, l'allora direttore dell'informazione a Raitre. Per quanto vicini, si tratta di mondi diversi. Guglielmi segue ii dibattito con palese disinteresse, è troppo preso dal programma stesso, non c'è giovedì che non sia anche lui in studio. Ovviamente sarà lui a occuparsene.
Santoro ricorda ancora quando il direttore Pasquarelli convocò, insieme a lui, Guglielmi e Curzi. Si avvicinavano le elezioni e Samarcanda era una polveriera: non solo aveva fatto parlare le piazze ma aveva sdoganato quei “selvaggi” della Lega offrendo loro gli stessi spazi degli altri. Pasquarelli non la prese tanto larga: la trasmissione doveva essere sospesa. Oppure, massima concessione, poteva andare in onda senza collegamenti con le piazze, meglio se registrata. Santoro spiegò che non poteva accettare un'imposizione del genere. Curzi si grattò la pelata. Gnglielmi ghignò pensando che fosse uno scherzo, ma chiarì che lui stava con Santoro. Michele propose un patto tra gentiluomini: se Pasquarelli rinunciava a dare un ordine del genere e lasciava loro totale libertà, lui dava la sua parola che non avrebbe fatto collegamenti con la piazza. Doveva solo fidarsi. Pasquarelli guardò Santoro. Poi guardò Curzi. Poi Guglielmi. Poi si concentrò sulle proprie scarpe, sotto la scrivania. Infine disse: “No”.
Quel giovedì andò in onda una storica puntata: studio deserto, nessuno in scena, solo un telefono che squillava angoscioso e nessuno rispondeva. Credo che riuscirono a fare ascolto anche con quella non-trasmissione. Gli squilli senza risposta, di quel telefono, a ripensarci oggi, rappresentavano molto i sette anni di Angelo a Raitre. Corrispondono a preghiere non esaudite, a suggerimenti inascoltati, ad aspettative tradite. Una su tutte, la Rete non era il canale del Pci. La villaneria di Guglielmi tradisce ogni patto politico. Il direttore prende così sul serio le indicazioni del suo superiore e del Consiglio di amministrazione che per compiacerli spara a raffica Profondo nord, Milano Italia, Il rosso e il nero.
Le trasmissioni da Milano segnano la comparsa di Gad Lerner e la grande intuizione di puntare le telecamere sul particolare teatro che aveva visto la nascita di quello stesso movimento tellurico per il quale un battito d'ala di farfalla a Palermo scatena un terremoto a Milano. Sindona, Cuccia, Ligresti. Craxi, Berlusconi, Bossi, Di Pietro. Ogni nome è una sequenza, uno dopo l'altro è il film per niente appassionante sulla storia di questo paese. Il film non si è fatto, ma sullo schermo televisivo dei sempre più numerosi spettatori di Raitre (tutti comunisti?) il trailer di quanto sarebbe accaduto era apparso più volte. Il tintinnio delle prime manette, il fiato corto dei protagonisti della Prima Repubblica, l'occhio da mattanza dei portaborse.
C'era tutto, sarebbe forse un'operazione straordinaria rivedere tutto, una sorta di maratona televisiva, anche assieme ai sopravvissuti. Aiuterebbe a capire, anche gli eccessi, gli errori. Vedere i giacobini di allora, oggi garantisti in doppiopetto. Ma questi momenti che si ricordano di più, in realtà nel palinsesto di Raitre rappresentano una parte quantitativamente marginale. Così come è accaduto per i fenomeni di quegli anni, la memoria ha fatto brutti scherzi. Tutti ricordano Raitre per quello che non è mai stata: una televisione comunista. La carica rivoluzionaria che ha rappresentato nella ricerca di nuovi linguaggi è divenuta nel ricordo una sorta di proposta (mai fatta) di contenuti ideologici. Per lo stesso fenomeno, mentre molti protagonisti di quella avventura – Fazio, Dandini, Chiambretti, Augias, Ferrara, Lerner ecc. – continuano ad apparire sullo schermo, lutti ricordano soprattutto Santoro, l'unico che per volontà impopolare e certamente antiaziendale su quello schermo non compare più.
Ma, come ripeto, questa parte del palinsesto di impegno civile e politico è poco rispetto a rutto il resto. Non dimentichiamo il Biscardi, altro sopravvissuto alla diaspora, che bisticciava (davvero) con i congiuntivi e (simulando) con gli sportivi. E Un giorno in pretura, dove ancora una volta la telecamera andava a spiare nelle pieghe di una società leggermente diversa da come veniva raccontata nelle trasmissioni caramellate della Carrà o nei balletti delle altre reti. Ma anche Mi manda Lubrano, che mise in crisi la Sipra, concessionaria pubblicitaria della Rai. Bestemmiando sui sacri marchi. Mettendo in dubbio la divina composizione della Coca Cola e l'eterno biancore della Procter.
Raitre è stata anche divertimento. Già il primo anno, mentre sulle altre reti andavano in onda il pomeriggio della domenica la milionesima puntata di Domenica In e dei suoi derivati, sulla nuova Rete iniziava. con la garbata conduzione di Andrea Barbato, Va' pensiero. In una sorta di insalatona, parente forse della domenica di Arbore, apparvero nuovi personaggi: tra essi, ancora una volta con un linguaggio innovatore, Piero Chiambretti. Piero aveva colto lo stile di Villaggio e lo aveva modernizzato con un ritmo frenetico. Lo si è visto con Prove tecniche di trasmissione e Il portalettere. Questo nuovo linguaggio un po' canagliesco non poteva non divertire Guglielmi che, avvicinandosi alle forme più tradizionali dell'intrattenimento, si accorse – come ne La piscina con la Parietti – che il classico varietà aveva una struttura talmente pesante e convenzionale che vinceva contro qualsiasi tentativo di innovazione. Per sviluppare qualcosa di nuovo era necessario creare un non-varietà. Il programma venne inquadrato nel genere “satira”, ma penso che La Tv delle ragazze fosse figlia più del varietà – forse del più grande: Un, due, tre – che del “Marco Aurelio” o del “Male”. E' lo sketch di Tognazzi e Vianello, che continua la grande tradizione del teatro di rivista o dell'avanspettacolo (Totò, i De Rege, Macario, Dapporto, Walter Chiari…), il padre nobile di queste trasmissioni. Allora le chiamavano “scenette comiche”. Quando, bonariamente, il bersaglio di Tognazzi-Vianello divenne l'allora presidente Gronchi, si parlò forse di satira, ma nel dubbio di cosa fosse, si pensò bene di chiudere il programma e buttare le chiavi.
Quelle chiavi furono trovate nel lago di Raitre da tre intrepide giovanotte (Valentina Amurri, Linda Brunetta e Serena Dandini) che in totale libertà riuscirono a far ridere forse più del centrosinistra che del centrodestra. I fratelli Guzzanti demolirono l'antico adagio del mondo dello spettacolo che vuole che i figli siano sempre peggio dei padri. Anche qui seppero rinnovare un antico linguaggio televisivo, quello delle imitazioni (principe fu Alighiero Noschese) ben supportate da abili truccatori, con villaneria guglielminesca e un ritmo incalzante. Soprattutto quando la trasmissione divenne Avanzi, la spinta verso il trash si fece più forte, purtroppo con un colpetto di gomito verso l'intellighenzia di sinistra senza il quale avrebbe toccato vette ancora più alte. […]
Le idee volavano come farfalle nella stanza del direttore e lui le infilava con il suo righello. Le acchiappava ovunque, come quando il giovane figlio Carlo – oggi valente avvocato – segnalandogli una rubrica del manifesto – “Il mattinale” – che riportava fatti e curiosità dei giornali del giorno prima, gli chiese perché mai non esistesse una cosa del genere in televisione. Già, perché mai? In fondo, scherzando con la memoria, già in Schegge apparivano ritagli di televisione.
Guglielmi incarica Ghezzi e Giusti di lavorare in quella direzione. Ne uscirà un'operazione linguistica – ancora una volta – dalla straordinaria carica innovativa, un condensato a forte gradazione di tutta la televisione. Come il prodotto del Grande Telecomando, in grado di intervenire contemporaneamente nell'immenso Universo Televisivo e che passa di mano tra un Paranoico, un Moralista e un Goliarda.
Era nato Blob. Il nuovo pubblico di Raitre consegnava il proprio telecomando – per alcuni minuti – alla squadra dei blobbisti che si era formata e che si incaricava di perlustrare l'etere, attraversando canali prestigiosi o del tutto marginali, per scoprire essenzialmente l'orrore televisivo. Blob è servito a raccontare che la tv non è una cosa seria, the mente volentieri e che essenzialmente è scema.
Che la tv fosse un po' scema, Guglielmi ha cercato di spiegarlo più volte, magari con frasi più dotte, ma il senso era quello. Ricordo soprattutto le discussioni – anche accese – con Augias a proposito del progetto continuamente riproposto di realizzare anche in Italia il famoso Apostrophe, trasmissione sui libri e la scrittura. Guglielmi sosteneva che il linguaggio televisivo non aveva nulla a che fare con i libri. Si nutriva di radio, di cinema, di pubblicità, ma non di libri. Augias guardava sconcertato il suo interlocutore e non si capacitava di come uno dei più raffinati critici letterari, una volta giunto al potere alla Rai, tenesse rigorosamente i libri fuori dalla porta. Guglielmi aveva però un suo molto personale senso della democrazia: dire che rispettava le idee degli altri (qualora diverse dalle sue) sarebbe eccessivo, ma una volta chiarito il proprio dissenso, trascinato dalla curiosità (il suo più forte sentimento) era disposto a vedere cosa ne veniva fuori. Ne venne fuori Babele. […]
Raitre cavalcò con grande perizia l'equivoco della televisione di Stato, tra ruolo istituzionale e commerciale (caccia agli ascolti). Mi capita spesso di ripetere, quando mi chiedono quale televisione vorrei, di parlare di una tv per “non deficienti”. So bene che si tratta di un ossimoro, ma in fondo la definizione calza bene per la Raitre di Guglielmi che di rivoluzioni ne realizzò molte, ma una particolarmente significativa. Spostò gli equilibri degli ascolti e con qualcosa come 100 miliardi a disposizione per il palinsesto portò un valore commerciale alla Rete di circa 700 miliardi (calcolando 70 mld per ogni punto di share). Per quanto si possano caricare i costi generali il verdetto è inequivocabile: un'azienda in attivo. Credo che questo fu il peccato più grave.
Oltre che alla curiosità, tutto il cammino di Guglielmi è segnato da una sorta di candore e dalla capacità di trovare soluzioni semplici a problemi complicati. Ricordo a proposito un episodio che ha a che fare con i gloriosi sette anni e che in qualche modo fotografa in un'istantanea tutto quanto abbiamo raccontato. A Natale giunsero nell'ufficio due regali sontuosi. Due imprenditori avevano mandato, uno un quadro di grande valore e l'altro un oggetto d'argento che pesava come una Cinquecento. Ovviamente Angelo non aveva intenzione di accettarli, ma allo stesso tempo non voleva offendere nessuno. Né d'altra parte si poteva permettere di ricambiare a quei livelli. Cosa fare? Semplicissimo. Regalò il quadro a chi aveva mandato gli argenti e viceversa, il tutto accompagnato da un biglietto: “Con i migliori auguri da Angelo Guglielmi, direttore di Raitre”.
Sandro Parenzo


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