Come si dice Nba in africano?

    L' Africa sarà la nuova frontiera e l'ennesima scommessa rivoluzionaria dell'Nba. Da marzo 2020, per la prima volta in assoluto fuori dai confini americani, si giocherà un campionato a 12 squadre: la Basketball Africa League. Si tratterà di una competizione itinerante con tappa nei maggiori paesi del continente sotto la regia di Nba e Fiba (International Basketball Federation). Questi sono i fatti, poi ci sono le immagini, che, spesso spiegano più delle parole. Festa per le strade di Toronto, il bus dei Raptors, freschi vincitori dell'anello, procede a fatica, sopra alla scritta “Champions” sventola una bandiera nera, in mezzo la mappa d'Africa. La agita con orgoglio Serge Ibaka, congolese e protagonista assoluto dei Raptors nelle finals appena concluse. Un'immagine simbolica che dice molto sul futuro del grande basket.

    Adam Silver, il commissario dell'Nba, ci ha visto giusto ancora una volta. La Basketball Africa League è un'operazione sportiva che mira a incrementare il bacino dei già numerosi giocatori nati in Africa, ma anche commerciale. “I giovani africani sono molto appassionati di Nba e ci seguono attraverso computer e smartphone – ha detto Silver, a margine dell'annuncio ufficiale della nuova Lega – è un mercato in grande espansione dove ci sono oltre 700 milioni di cellulari”. Recentemente è stato anche lanciato il primo canale Youtube per l'Africa sub-sahariana per facilitare la visione delle finals tra Raptors e Warriors.

    A guidare la Basketball African League sarà Amadou Gallo Fall. Già vicepresidente dell'Nba e responsabile dello sviluppo e diffusione della Lega americana in Africa dal 2010, data in cui è stata aperta la prima sede a Johannesburg (Sudafrica). “Sono anni che prepariamo il terreno per questo torneo – ha detto il senegalese alla guida della neonata Lega – abbiamo costruito accademie per giovani talenti in Senegal e disputato amichevoli in Sudafrica tra squadre all stars con grande riscontro di pubblico”. In totale le partite disputate saranno 40. Delle dodici squadre, sei saranno le vincitrici dei campionati nazionali di Angola, Egitto, Marocco, Nigeria, Senegal e Tunisia, mentre le altre sei saranno le vincenti di un torneo parallelo organizzato dalla Fiba.

    Al contrario di quanto succede nel calcio con i giovani talenti africani che prendono la via dell'Europa ancora adolescenti, l'obiettivo dell'Nba è quello di far maturare i giocatori in patria prima di fare il grande balzo nell'Olimpo dell'Nba.

    Anche per questo, in parallelo con la Basketball African League, sono previste iniziative come “Basket senza frontiere”, un progetto che mira a raggiungere 2,5 milioni di giovani under 16 africani, sia ragazzi che ragazze, fornendo le infrastrutture necessarie alla formazione di talenti. Con la guerra dei dazi in corso e sul cui esito non ci sono certezze, in America si punta a diversificare sui mercati, dato che, a oggi, la Cina rappresenta ancora il maggior bacino di utenti per l'Nba al di fuori degli Stati Uniti.

    Un ruolo cruciale nel supporto all'espansione dell'Nba in Africa lo ha avuto l'ex presidente americano Barack Obama. Grande appassionato di basket e legato all'Africa dalle sue origini keniane, l'ex inquilino della Casa Bianca ha fatto sentire il suo appoggio sin dall'inizio. Sul suo profilo Twitter, al momento dell'ufficializzazione dell'iniziativa, ha postato un videomessaggio in cui spiegava che “per un Continente in crescita come l'Africa una simile decisione avrà vantaggi enormi dentro, ma soprattutto fuori dal campo”. Il suo ruolo ufficiale non è ancora stato svelato, ma ci sono stati numerosi colloqui con il commissario dell'Nba, Adam Silver, ed è probabile che l'ex presidente sarà coinvolto in prima persona nel progetto.

    Il 2019 si può considerare l'anno in cui molti giocatori di talento nati in Africa o con genitori africani hanno espresso completamente il loro potenziale. La favola dei Toronto Raptors è emblematica con il congolese Serge Ibaka e il camerunense Pascal Siakam, senza tralasciare il fatto che il presidente della squadra, Masai Ujiri, è un nigeriano cresciuto a Londra e poi emigrato in America per compiere l'impresa di far vincere a Toronto il primo “anello” della sua storia. Per non parlare della stagione monumentale del gigante Giannis Antetokounmpo, dei Milwaukee Bucks, colpevole solo di non aver giocato le finali della Eastern Conference allo stesso livello del resto della stagione.

    Lorenzo Simoncelli