
Ansa
Il Foglio internazionale
La pericolosa scommessa di Donald Trump
La presidenza Trump "si basa sulla concentrazione del potere per obiettivi massimalisti", scrive Walter Russell Mead sul Wall Street Journal. "La sua scommessa è poter ottenere accordi bilaterali migliori di quelli ottenuti dagli Usa attraverso il sistema multilaterale"
A cinque mesi dall’inizio della presidenza di politica estera più significativa da quando Richard Nixon ha lasciato la Casa Bianca, l’approccio di Donald Trump al mondo sta assumendo una forma definitiva” scrive Walter Russell Mead sul Wall Street Journal. “Innanzitutto, la moderazione non fa parte del metodo politico di Trump. Cerca di accumulare quanto più potere esecutivo possibile in patria; vuole lo stesso a livello internazionale. Lungi dal limitare il ruolo mondiale dell’America, Trump intende porre il paese al centro degli affari internazionali. Vuole essere la salma a ogni funerale, la sposa a ogni matrimonio e il bambino a ogni battesimo. Questo non significa che sia un neoconservatore o un internazionalista liberal. Il 47esimo presidente detesta le crociate per la democrazia, disprezza le istituzioni multinazionali e tratta i tribunali internazionali con il disprezzo che ritiene meritino. Pur odiando la guerra, Trump crede nello sfruttare al massimo i vantaggi economici, tecnologici e militari americani per perseguire una visione espansiva dell’interesse nazionale. La sua presidenza si basa sulla concentrazione del potere per obiettivi massimalisti. La sua politica commerciale, a prescindere da ciò che ne dicano gli economisti, ha concentrato nelle sue mani un potere senza precedenti, sia in patria che all’estero.
Gli oppositori di Trump lo criticano per aver fatto saltare il sistema commerciale multilaterale. A loro avviso, quel sistema tutelava meglio gli interessi economici americani rispetto a un sistema caotico e fluido, basato maggiormente su accordi bilaterali e politici. Vedremo se la scommessa di Trump, di poter ottenere accordi bilaterali migliori di quelli ottenuti dagli Stati Uniti attraverso il sistema multilaterale, darà i suoi frutti. Ma ciò che non è in dubbio è che il suo obiettivo sia massimizzare, piuttosto che limitare, il potere economico americano. La politica europea di Trump mostra ogni qualità tranne la moderazione. Dalle rivendicazioni sulla Groenlandia e dalle ripetute interferenze nelle elezioni europee alla rottura delle relazioni commerciali e alla minaccia di abbandonare la Nato, tutto ciò che questa amministrazione ha fatto è stato volto ad aumentare il potere americano a Bruxelles e oltre. In medio oriente, Trump ha analogamente ignorato i consigli dei moderatori e si è impegnato in una politica libera e di vasta portata volta a riaffermare l’egemonia americana evitando impegni militari a lungo termine.
Il mondo è un palcoscenico e Trump intende ergersi al suo centro. Infliggere colpi invalidanti all’Iran, la più debole tra le principali potenze revisioniste, rafforza la posizione globale americana e lancia un avvertimento a Mosca e Pechino. Lo stesso vale per costringere l’Europa al riarmo. Resta da vedere se e come Trump schiererà gli elementi di potere americano da lui preferiti per affermare il suo primato su Vladimir Putin e Xi Jinping. Cina e Russia sono le due grandi potenze che più desiderano che la potenza americana e il suo ambizioso presidente siano frenati. Gli esiti di questa competizione sono impossibili da prevedere, ma una cosa è chiara. Trump non è una mammoletta e, finché siederà nello Studio Ovale, è improbabile che gli Stati Uniti si ritirino dal mondo”.
Traduzione di Giulio Meotti