un foglio internazionale

Il declino dell'umanesimo liberale

Una rinascita cristiana non salverà l’occidente illuso, ma potrebbe aiutarlo. Un saggio di John Gray

Tra le menti più elevate è di rigore deridere le dichiarazioni dei conservatori che credono che la salvezza dell’occidente risieda in un risveglio religioso”, scrive il filosofo John Gray sul New Statesman. “La conferenza dell’Alliance for Responsible Citizenship, tenutasi a Londra a febbraio, è stata ridicolizzata dai media britannici per la sua attenzione alla necessità di un ritorno alle ‘tradizioni giudaico-cristiane’. Tuttavia, nell’identificare una crisi religiosa come la radice del disordine occidentale, la destra – e non per la prima volta – è in vantaggio. Il fatto fondamentale dell’epoca è la fine dell’umanesimo liberale, i cui seguaci, in calo, si aggrappano cupamente al loro credo in declino per paura di qualcosa di peggio. I loro timori sono comprensibili. I liberali laici sono sempre stati cristiani culturali. Quando hanno rifiutato la fede cristiana, lo hanno fatto nell’innocente certezza che i valori cristiani sarebbero stati preservati. Il liberale canonico John Stuart Mill credeva che il cristianesimo e la sua ‘religione dell’umanità’ fossero moralmente equivalenti. Prima di Mill, il liberalismo inglese – il credo della libertà di espressione difeso da Milton in ‘Areopagitica’ (1644) – si fondava su un’idea cristiana di libertà di coscienza. Dopo Mill, il liberalismo stesso divenne una religione, basata, come egli stesso affermò in ‘Sulla libertà’ (1859), sulla fede nell’uomo ‘come essere progressista’. Come i liberali di oggi, Mill non riusciva a concepire che il rifiuto del cristianesimo avrebbe portato alla celebrazione della crudeltà e alla reinvenzione della schiavitù, come accadde con il nazismo. Ma una volta rifiutato il cristianesimo, che motivo c’è di aspettarsi che l’etica cristiana sopravviva? 

  

 Il woke è una religione di punizione spietata per chiunque si rifiuti di sottomettersi all’ultima moda del vittimismo. E le affinità del woke con il puritanesimo sono inequivocabili

  
Nel suo libro ‘Dominion: The Making of the Western Mind’ (2019), lo storico Tom Holland ha mostrato come le società occidentali siano ‘ancora completamente sature di concetti e presupposti cristiani’. I moderni valori liberali sono un sottoprodotto di un movimento guidato da un carismatico profeta ebreo che ha sovvertito i valori del mondo greco-romano. Con la sua storia del figlio di Dio spezzato sulla croce, il cristianesimo ha portato a una rivoluzione etica. Con astuzia, Holland ha riconosciuto che l’iperliberalismo woke non è un attacco al cristianesimo, ma una sua versione impoverita ed estrema. Il woke è una religione di punizione spietata per chiunque si rifiuti di sottomettersi all’ultima moda del vittimismo. Negli Stati Uniti, le affinità del woke con il puritanesimo sono inequivocabili. Se la civiltà occidentale è in declino, non è perché il cristianesimo sia stato abbandonato. Al contrario, la religione fondante dell’occidente si è trasformata in un’ideologia progressista anti-occidentale”. 


Si consideri la risposta al nuovo regime in Siria. “Il governo di Ahmed Hussein al Sharaa – altrimenti noto come Abu Mohammed al Jolani, il nome di battaglia jihadista che usava quando era affiliato ad al Qaeda e allo Stato islamico – si è annunciato con una fanfara di promesse di uguaglianza e inclusione. Se si è trattato di un’operazione di pubbliche relazioni, ha funzionato. Leader occidentali come la presidente della Commissione europea, Ursula van der Leyen, hanno appoggiato il programma di Sharaa per una Siria unita e inclusiva. La probabilità di un simile futuro deve essere prossima allo zero. La tirannia di Bashar al Assad si basava su massacri di massa, torture su scala industriale e denaro proveniente dal narcotraffico. Eppure non tutti ne hanno accolto con favore la caduta. Per gli alawiti sciiti, come il tiranno stesso, i drusi, i curdi, i cristiani e altri gruppi, la dittatura laica di Assad offriva protezione dalla morte per mano delle milizie jihadiste. L’inevitabile conseguenza del suo crollo è la guerra etnico-settaria e un’altra ondata di uccisioni di massa, ora in corso.


I liberali occidentali sono irresistibilmente affascinati dagli echi della loro stessa retorica, soprattutto se provenienti dalla bocca dei loro nemici. Una generazione precedente ha ingoiato la battuta secondo cui Lenin e Stalin erano dei fabiani frettolosi e Mao un riformatore agrario incompreso. Nei giorni successivi alla caduta di Kabul, i talebani si presentarono come un regime moderato e modernizzatore – un’immagine che molti in occidente accettarono volentieri. Meno di quattro anni dopo, i talebani governano una società in cui alle donne è vietato parlare in pubblico. Un mito cristiano svuotato di significato di redenzione universale trasforma regolarmente i razionalisti illuministi in utili idioti. Se la storia è fatta di conflitti di valori irrisolvibili, non c’è speranza di salvezza politica. Alla tirannia succede l’anarchia e la pace si ottiene attraverso l’ingiustizia e la repressione. Civiltà e barbarie si susseguono in un ciclo senza fine. Nell’antichità precristiana, questo era un luogo comune. Per gli umanisti postcristiani, è una verità intollerabile.

   

Con  il loro ottimismo della volontà, gli umanisti liberali hanno smesso di comprendere il mondo che li circonda. La prontezza con cui abbracciano i loro nemici è una confessione di sfinimento 

   
La destra può avere ragione nel pensare che il disordine occidentale sia in ultima analisi di origine religiosa, ma è troppo semplicistico supporre che la liberazione per l’occidente liberale possa essere trovata in un risveglio cristiano. Dopo le dimissioni di Justin Welby da arcivescovo di Canterbury nel novembre dello scorso anno, a seguito di diffuse critiche per i suoi fallimenti nella leadership, la Chiesa d’Inghilterra è priva di qualsiasi identità morale che la distingua dalle mode del momento. Lo stesso vale più in generale per la cristianità occidentale, con la Chiesa cattolica romana che sotto Papa Francesco ha rispecchiato la confusione dello Zeitgeist anziché offrirne un’alternativa coerente. Per chiunque creda che l’occidente soffra di una malattia di civiltà, questo tipo di cristianesimo è un sintomo della malattia, non una cura. Negli Stati Uniti, all’interno e nei dintorni dell’Amministrazione Trump, i tecnofuturisti si mescolano con i revivalisti cristiani, i convertiti cattolici come il vicepresidente J.D. Vance e i tradizionalisti come Steve Bannon, tornato a un cattolicesimo antimoderno. Culti sub-nietzscheani di bellezza virile e misoginia prosperano negli uffici della Casa Bianca. L’America è in preda a un sconvolgimento spirituale che renderà il paese irriconoscibile. Il declino delle ideologie laiche di massa non ha intaccato la fede delle élite nella scienza. Anzi, la scienza è diventata un canale per la religione millenarista. L’impresa di Elon Musk di colonizzare Marte è un progetto escatologico, mirato – come ha ripetutamente dichiarato – a scongiurare l’estinzione umana.

 

L’accettazione della disuguaglianza da parte degli oligarchi della tecnologia ha qualcosa in comune con il nietzscheanismo che prospera in settori della destra americana online. Il Nietzsche di moda è una caricatura del pensatore reale. In una delle sue prime opere, ‘La nascita della tragedia’ (1872), utilizzò la distinzione tra vitalità dionisiaca e ordine apollineo per esaminare il declino della cultura occidentale. L’occidente moderno era devoto al ‘socratismo’ – il progetto di sostituire il mito con una vita apollinea basata sulla ragione. Il risultato sarebbe stato un’epoca priva di significato, che si sarebbe inevitabilmente rivolta a nuovi miti. Fu un’osservazione lungimirante. Lo stesso Nietzsche trovò insopportabile la tragica visione della religione pagana, usando le sue opere successive per promuovere l’assurdo Übermensch, una versione hipster del quale è rinata nelle paludi della febbre online. L’America di Trump illustra la diagnosi di Nietzsche. In Europa, inclusa la Gran Bretagna, i principali beneficiari dell’eclissi dell’umanesimo sono l’islamismo e il nazionalismo etnico. Il woke non è un’ideologia di successo sostenibile. L’iperliberalismo è ancora profondamente radicato nelle nostre istituzioni dominanti; ma per la maggior parte dei suoi seguaci è una strategia di carriera, e le istituzioni – università, enti pubblici e simili – difficilmente sopravvivranno intatte alle prossime crisi. Repressi negli stati del Golfo e in altri paesi a maggioranza musulmana, i movimenti islamisti radicali segnano la fine dell’esperimento britannico di multiculturalismo e della laicità repubblicana francese.
 Proprio come la globalizzazione avrebbe dovuto diffondere il ‘capitalismo democratico’, l’immigrazione di massa avrebbe dovuto portare alla conversione ai valori liberali. Sta accadendo il contrario. Tra una generazione o giù di lì, se le tendenze attuali persistono, un sistema di millet in stile ottomano – in cui diverse comunità religiose sono governate da leggi proprie – potrebbe coesistere a disagio con governi nazionalisti. Un’Europa con pari libertà per ogni religione, sotto uno stato di diritto che si applica a tutti, sarebbe presto un lontano ricordo. Allo stesso tempo, l’Europa potrebbe diventare una zona d’influenza russa e cinese. Oltre a rappresentare un ritorno alla geopolitica, l’attuale convulsione globale è un episodio nella storia della fede. I pensatori più avanzati trattano la religione come un’arma nella battaglia per il potere. Viene usata in questo modo, come è sempre stato, ma è anche un insieme di miti che permettono agli esseri umani di dare un senso alla propria vita. Con il declino del loro mito del progresso, gli umanisti liberali hanno smesso di comprendere il mondo che li circonda. Il loro ‘ottimismo della volontà’ è un’attività di sostituzione, mentre la prontezza con cui abbracciano i loro nemici è una confessione di sfinimento. Il valore insostituibile della religione giudaico-cristiana risiede nell'aver insegnato ai suoi praticanti a convivere con dilemmi insolubili. Lo stesso valeva per l'arte tragica pagana. La politica non era la ricerca della salvezza terrena, ma una successione di espedienti per affrontare mali insopportabili. A meno che il senso della realtà preservato in queste tradizioni non possa in qualche modo essere recuperato, l'occidente è destinato a inciampare da una fantasia all'altra finché, forse con sollievo, non si arrenderà alla barbarie”.

  

(Traduzione di Giulio Menotti)