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Angela Merkel, il mito e la realtà

Si chiude il tempo di una grande politica europea. Le crisi affrontate e i problemi spazzati sotto il tappeto. Il “mistero” della sua popolarità. Il bilancio di Politico

"In un’epoca di polarizzazione politica, l'ex cancelliera tedesca Angela Merkel potrebbe essere l’unica leader internazionale su cui il demos globale può trovarsi d’accordo. Dalla Polonia al Perù, una netta maggioranza ha professato una visione favorevole verso la fisica-diventata-politica, il cui mandato scade la settimana prossima dopo sedici anni. A differenza dei suoi contemporanei, da George W. Bush, a Silvio Berlusconi e Vladimir Putin, Merkel è popolare sia a casa che all’estero”. Così inizia l’articolo di Matt Karnitschnig su Politico, secondo cui questa popolarità è “un mistero”.

Merkel non viene associata ad alcun evento o processo storico: la riunificazione tedesca e l’integrazione monetaria nell’Unione europea sono avvenute prima del suo arrivo al potere, e lo stesso si può dire della crescita economica della Germania iniziata sotto i governi socialdemocratici che l’hanno preceduta. Malgrado tutto ciò, gli estimatori della Merkel attribuiscono a lei ogni grande risultato, dai diritti umani al clima. “La ritraggono come un’indomita risolutrice di crisi, i cui nervi saldi hanno condotto la navigazione della Germania e dell’Europa durante il collasso di Lehman Brothers, l’implosione del debito greco, la crisi dei rifugiati e la pandemia. Tutto ciò ha contribuito a creare il mito della Merkel. (…) I suoi detrattori sostengono che abbia trascorso sedici anni sfruttando la forza della locomotiva tedesca, senza mai aggredire le difficoltà strutturali che il paese affrontava sia a casa che all’estero. In questi anni, la Merkel ha provato a pacificare anziché risolvere: quando è scoppiata la crisi, lei ha fatto il necessario per neutralizzare il problema acuto per poi spazzare sotto il tappeto le ragioni più profonde che hanno innescato l’implosione. Questa tendenza, sostengono i critici, è la sua eredità su ogni tema, dall’integrazione dell’Eurozona, ai rifugiati alle relazioni transatlantiche. A questo punto, Karnitschnig paragona le percezioni popolari della Merkel con i risultati conseguiti al governo, per separare “i fatti dalla finzione, e il mito dalla realtà”. 

 

Tesi: dopo l’elezione di Trump, Merkel è diventata la leader del mondo libero e ha tenuto accesa la fiamma della democrazia. 

Realtà: i commentatori di sinistra anglosassoni gli hanno affibbiato quest’etichetta. Merkel non era certo una sostenitrice di Trump, ma capiva meglio di molti quanto la sicurezza europea (e tedesca) dipendesse dall’alleato americano. Per questo non ha mai rotto con Washington. 

Tirando le somme: Merkel non era tanto la leader del mondo libero, quanto la mascot di un establishment globale che la vedeva come l’ultima speranza.

 

Tesi: Merkel ha evitato che l’Europa cadesse a pezzi. 

Realtà: questa teoria è radicata nella crisi europea del debito, che ha avuto inizio in Grecia e si è diffusa in altri paesi dell’Ue. La decisione della Merkel di salvare la Grecia, dicono i sostenitori dell’ex cancelliera, ha preservato l’euro e dunque evitato il crollo dell’intero progetto europeo. 
Ma questa tesi è vera solo a metà, scrive Karnitschnig. Inizialmente la cancelliera ha offerto dei prestiti a pessime condizioni al governo greco, che hanno innescato una depressione e destabilizzato il sistema politico ateniese. Nel lungo termine questo ha danneggiato anche i contribuenti tedeschi, che hanno dovuto pagare a caro prezzo il salvataggio della Grecia. La Merkel si è in parte riscattata nel 2020 quando, assieme al presidente francese Emmanuel Macron, ha dato vita al Recovery Fund che secondo alcuni osservatori resta il suo lascito più importante in Europa.

Tirando le somme: la Germania ha salvato la Grecia ma non ha fatto nulla per risolvere la più grande minaccia dell’euro: le diseguaglianze economiche tra la Germania e il resto dell’Eurozona. 

 

Tesi: la Merkel ha dimostrato grande compassione quando ha ammesso oltre un milione di rifugiati che fuggivano dal medio oriente. 

Realtà: la cancelliera si è basata su due assunzioni: il numero di immigrati si sarebbe limitato a poche centinaia di migliaia e sarebbe riuscita a ripartirli con gli altri paesi europei. Si è sbagliata in entrambi i casi. Questa scommessa persa, scrive Karnitschnig, ha alimentato i populisti di Alternative für Deutschland in Germania e rafforzato la narrazione dei governi autoritari in Ungheria e Polonia. Le divisioni in Europa sui rifugiati hanno avvelenato l’atmosfera al Consiglio europeo, e reso più difficile fare progressi in altri campi. 

Tirando le somme: la Merkel aveva delle buone intenzioni, ma la sua politica sui rifugiati ha diviso l’Europa senza alleviare la crisi umanitaria. 

 

Tesi: la Merkel ha difeso gli ideali liberali dall’attacco dei leader autoritari, e ha tenuto testa a Putin e Xi Jinping.

Realtà: malgrado la retorica sui diritti umani, il punto di riferimento della Merkel in politica estera è sempre stato lo stesso: Germany first. La cancelliera era inizialmente contraria alle sanzioni contro la Russia, temendo il loro impatto sulle aziende tedesche, e ha cambiato idea solo dopo l’abbattimento del volo della Malaysia Airlines MH-17, di cui la Russia è stata ritenuta responsabile. Lo stesso vale per la Cina. La Merkel ha condannato la persecuzione degli uiguri, ma non ha mai lasciato che queste preoccupazioni mettessero a rischio il rapporto commerciale con Pechino. 

Tirando le somme: la Merkel ha parlato tanto di diritti umani e ideali democratici, ma alla fine ha agito esclusivamente nell’interesse delle aziende tedesche. 

 

Tesi: la Merkel è stata un eroe femminista che, dai diritti all’ambiente, ha perseguito delle politiche progressiste. 

Realtà: Karnitschnig cita una serie di statistiche per dimostrare che, durante i sedici anni della Merkel, non sono stati ottenuti grandi progressi sulla parità di genere e la Germania resta un paese abbastanza arretrato in questo campo. Lo stesso discorso vale sui diritti civili: la Merkel ha votato contro la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. La Germania è molto indietro anche sull’ambiente, e infatti molti analisti chiedono un cambio di passo al nuovo governo. 

Tirando le somme: la Merkel è stata trasformata in un simbolo femminista, ma le sue credenziali da progressista sono piuttosto deboli.

 

 

(Traduzione di Gregorio Sorgi)

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