Un Foglio internazionale

“Il calvario di Mila è il prezzo della nostra pusillanimità collettiva”


Per la saggista e militante francese Céline Pina questa vittoria al processo lascia un gusto amaro, scrive il Figaro 
 

“Abbiamo vinto e vinceremo ancora”. La giovane Mila era splendente di emozione e di dignità davanti alle telecamere, al termine del processo dei suoi molestatori, racconta Céline Pina, fondatrice del movimento “Viv(r)e la République”. “Le immagini di questa giovane ragazza ritta in piedi, nonostante la violenza dell’ingiustizia che si è abbattuta su di lei e la realtà delle minacce che la tormentano, erano commoventi, così come il sorriso allo stesso tempi fiero e protettivo del suo avvocato (Richard Malka, storico avvocato di Charlie Hebdo, ndr). Ma ciò non toglie che la sentenza abbia lasciato un gusto amaro. Anzitutto perché nessuno dei condannati sembra aver preso coscienza dei suoi atti. Ma anche perché non fa arretrare nessuna delle minacce che incombono su Mila. Se persino una ragazzina, per una frase infelice su un social network che riguarda Allah o Maometto, è presa come bersaglio in nome dell’islam e si fa perseguitare da un gruppo di pazzi furiosi, è lei che sarà distrutta e il vostro governo, così come la giustizia, daranno l’impressione di trattarlo come un fastidioso fatto di cronaca. Ma il peggio è che, da quattro a sei mesi con la condizionale, è una pena simbolica. Vista la loro mancanza di presa di coscienza, questa pena è letteralmente e realmente insignificante per la maggior parte di loro. In compenso, la distruzione della vita di Mila è reale. Così come la loro partecipazione a questo violento raid sui social network.

 

In spregio alla realtà dei fatti, questi dichiarano persino di ignorare l’esistenza di un raid contro Mila, nonostante la maggior parte vi abbia partecipato dieci mesi dopo lo scandalo provocato dal video, quando l’affaire agitava ancora i social (…). Il problema è che questi accusati (tranne uno) restano convinti di aver ragione. Ritengono che il loro atto sia legittimo e non vedono perché debbano dare risposte per quanto fatto. Durante il processo sono stati limpidi. Ai loro occhi Mila è ‘razzista’, dunque merita l’inferno sulla terra e si sono incaricati di mettere in pratica la sentenza. Ognuno porta la propria pietra per lapidarla meglio, ma siccome è l’accumulazione che ferisce e finisce per uccidere, spiegano beatamente che la loro pietra non è la più importante. Sono tanto piccoli quanto vigliacchi. Nonostante il processo e il dolore di Mila e della sua famiglia, sono incapaci di scusarsi e continuano con le loro squallide giustificazioni. Vivono la condizionale come un modo per scusarli, come se la società, attraverso la voce del procuratore, dicesse loro che in fondo tutto ciò non è così grave… E il messaggio è stato perfettamente recepito.

 

C’è da dire che i molestatori hanno capito che non rischiavano molto fin dalla requisitoria. Il risultato non si è fatto attendere: nel bel mezzo del processo, Mila ha ricevuto una nuova scarica di minacce (…). Il razzismo, che è un rifiuto di accordare l’uguaglianza, non ha nulla a che vedere con la blasfemia. La quale, in quanto critica virulenta di una religione, rientra perfettamente nel diritto e non dovrebbe suscitare alcun dibattito serio in un paese in cui la libertà d’espressione è uno dei pilastri della società politica. Questa argomentazione che giustifica e scatena la collera, e facilità anche l’attacco sui social, non nasce dal nulla. E’ l’islam politico, coadiuvato dai suoi sostenitori in una parte della sinistra, a diffondere questo modo di trasformare lo sforzo di sopportazione, imposto dall’esistenza della libertà d’espressione per tutti, in violenza nei confronti di un gruppo. Intrattenendo questa storia, alimentano la vittimizzazione, giustificano la violenza e allo stesso tempo favoriscono tutte le rivendicazioni. Questa influenza dell’islam politico è constatata dagli insegnanti della scuola della République, poiché il 50 per cento di essi dichiara di censurarsi durante le lezioni. L’istituzione, tuttavia, non la contrasta (…).

 

La scuola è l’immagine della nostra società e il calvario di Mila è il prezzo della nostra pusillanimità collettività. Per ora, la parte che dà il tono e ha accesso ai media fa finta di non capire che ciò che sta accadendo a Mila è indegno di un paese civile, e che, anche se sono incoscienti, i suoi molestatori sono dei barbari. Barbari che prosperano solo perché siamo incapaci di emettere collettivamente un giudizio potente su questa storia, che non ha nulla di un fatto di cronaca e che è rivelatrice non solo della nostra epoca, ma anche del peso delle rappresentazioni dell’islam politico”. 

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