Alessandro Di Pietro (foto di Riccardo Banfi, 2022)

fauna d'arte

Dal ghostwriting a Mickey Mouse: viaggio nei mondi surreali di Alessandro Di Pietro

Francesco Stocchi e Gabriele Sassone

Tra sculture, fumetti e cultura pop, l’artista esplora linguaggi distopici e possibilità di riscrivere la storia dell’arte. Una pratica che unisce autobiografia e immaginario collettivo

Nome e cognome: Alessandro Di Pietro

Luogo e anno di nascita: Messina, 1987

Gallerie di riferimento e contatti social: Zazà Milano–Napoli (galleria)

@alessandrodipietrow

alessandrodipietrostudio.com

@zaza___milano___napoli

www.z-a-z-a.space/exhibitions/long-story-short

  

L'intervista

Intervista realizzata in collaborazione con Anna Setola

  

A che cosa stai lavorando?

Sto lavorando a una nuova serie di progetti che avevo lasciato in sospeso per un po’ di tempo e che, durante la residenza londinese da Gasworks, sono tornati a galla. Ho iniziato a dargli una prima forma in alcuni studi fotografici e collages attualmente esposti nella sede napoletana di galleria Zazà, in una mostra intitolata Long Story Short. Questi progetti li sto immaginando come parte di nuovi nuclei narrativi, dopo il lungo periodo dedicato a dissotterrare, per poi restituire, opere inedite dell’artista americano Paul Thek, all’interno del progetto Ghostwriting Paul Thek: Time Capsule and Reliquaries.

Posso darvi qualche coordinata sparpagliata: sto lavorando a una tragicommedia surreale, in cui due personaggi della storia dell’arte e della cultura pop, Marcel e Brian, scommettono su una corsa di ratti.

In più, sono divorato da questo stupido quesito: e se Mickey Mouse si fosse rifiutato di nascere? Vediamo cosa ne verrà fuori.

Temporalmente, sto guardando al 2008, uno degli “inizi della fine”, ma il primo di una lunga serie che io ricordi: La Great Recession made in US, i genitori degli amici benestanti delle imprese brianzole che cadevano in disgrazia, la formazione artistica, mia come quella dei miei coetanei, in un momento in cui nessuno avrebbe pensato di guadagnare un euro. Forse sto pensando a quel momento come la genesi di un’identità artistica orfana istituzionale dai connotati distopici sin dai primi passi ma non per questo priva di desiderio.

 

Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?

I fumetti di Daniel Clowes, i libri di Chris Kraus e Susan Sontag. Mike Kelley, Paul Thek, Paul Chan, André Gide, Céline. I Nirvana, Roger Rabbit. E poi il personaggio di Ann Lee, ma invento una versione di lei che si libera dagli artisti che l’hanno sfruttata fino ad adesso e diventa una scrittrice di successo.

  

Come costruisci la grammatica visiva dei tuoi mondi?

Alla base c’è la struttura visiva cinematografica dove oggetti e arredi diventano evocazioni visive dei personaggi e che mi ha permesso di costruire lunghi cicli narrativi. In questi, i personaggi, mostruosi ma familiari, si mescolano al biografico e, mentre provo a delinearli, finiscono per ritrarre sé stessi attraverso lo spazio, gli oggetti e a volte gli arredi. Spesso le forme e i materiali scelti per sculture, ambienti o semplici disegni esprimono il desiderio di un’identità, tra cui la mia, che sento il bisogno di rappresentare.

  

In che modo hai iniziato a fare l’artista?

Non saprei, da piccolo disegnavo.

  

Qual è la funzione dell’arte oggi?

La funzione non ce l’ha, mi chiedo spesso piuttosto quali siano le sue condizioni di esistenza. Esiste se chi la fa o la guarda non riesce a farne a meno, se è un atto di resistenza contro ogni forma di dittatura tecnologica e politica e se continua a generare linguaggi a-temporali, assurdi e anti-totalitari. Almeno per me.

  

In che modo l’artista può essere un ghostwriter?

Nel caso del progetto Ghostwriting Paul Thek, è stato un modo per instaurare un dialogo con l’opera di un artista che ho scoperto di amare profondamente. Ho cercato di riscrivere una parte della storia dell’arte, restituendo alcune opere (soprattutto sculture) ritrovate, presentandole e attribuendole nuovamente a Paul Thek.

È un’operazione anomala, perché il ghostwriter, intendo quando è un lavoro e non sfruttamento, di solito viene incaricato da qualcuno in vita per scrivere la biografia di una figura pubblica.

A me non lo ha chiesto nessuno. Ma grazie all’Italian Council XI, a un bellissimo team di ricerca e produzione, ai partner culturali come il Watermill Center di NY e al via libera dell’estate dell’artista americano, è stato possibile sperimentare sulla sua opera con un operazione postuma sull’artista e senza speculazione economica.

Per me come per altri artisti, Thek ha definito una produzione non etichettabile storicamente, sviluppata in trent’anni, fondata su un alfabeto stordito e diversificato, iper-materico, religioso e queer.

Questo progetto mi ha permesso di uscire dalla mia produzione personale e immaginare come avrebbe potuto lavorare Thek se non fosse morto nel 1988 di AIDS: quali materiali avrebbe usato, quali idee avrebbe avuto?

Gli artisti (ma non solo), se lo desiderano, possono vivere tutte le vite che vogliono — se lo ritengono necessario. Il ghostwriting è uno strumento, non solo per i “ghostbusters” dell’arte, ma anche per generare un’esperienza alterata, quasi extrasensoriale: in essa, l’autore è il fantasma, e può impossessarsi del corpo fisico o letterale di un altro — vivo o meno — per scoprire qualcosa di nuovo, o per rimettere in discussione ciò che sta facendo. Magari alla fine non è nulla di interessante. Ma con un po’ di pazienza, puoi intravedere una versione di te che non conoscevi. Tutto qua.

Mi è capitato, in alcuni workshop, di proporre questa pratica: diventare per un po’ un autore che ti piace, farlo tuo, entrare nel suo linguaggio. E ho visto che spesso questo permette di sentirsi più liberi nelle scelte estetiche o progettuali, più libere che quando si lavora come “sé stessi”.

  

Che cos’è per te lo studio d’artista?

Lo studio è il luogo dove accumulo tutto, dove faccio tutto — oppure dove decido di non fare nulla. Ci vado sempre, tutti i giorni, anche quando non ne ho voglia: poi, la voglia arriva.
Questo studio, in particolare, ce l’ho dal 2020. Lo condivido con artisti e amici bravissimi, con cui ci si aiuta sempre.
Avendo sempre avuto un rapporto un po’ conflittuale con le case e con il domestico, è sempre stato lo studio a ospitarmi. Al suo interno c’è il mio archivio di opere, gli effetti personali, materiali, libri.

Anni fa, invece, il mio studio era una Peugeot 1007 — R.I.P.

  

   

Com’è organizzata la tua giornata?

Mi alzo, vado in studio e lavoro fino a tardo pomeriggio a meno che non sono a Milano.

  

Cosa ti fa decidere che un lavoro è finito?

Bella domanda.

  

Le opere

   

BR’ER RABBIT – Attributed to Paul Thek (1998?), 2023, silicone, pelliccia, insetti, sabbia, 45 x 45 x 155 cm.
Courtesy MADRE Napoli. Opera realizzata con il supporto dell’Italian Council (2022).
Ph Credits: Matteo Pasin

  

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Installation view, GHOSTWRITING PAUL THEK – Time Capsules and Reliquaries
Courtesy MADRE Napoli. Opera realizzata con il supporto dell’Italian Council (2022).
Ph Credits: Matteo Pasin

    

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Untitled (Studio per la Nascita di Topolino), 2025, stampa fotografica e colori da fotoritocco, 46,7 x 3,5 cm.
Courtesy Zazà Milano-Napoli
Ph Credits: Danilo Donzelli Photography

   

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Pipistrello, 2025, ferro, tessuti, polipropilene, dimensioni variabili
37 x 50 x 390 cm. Courtesy Zazà Milano-Napoli
Ph Credits: Danilo Donzelli Photography

  

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HOBOBOLO, 2021, installazione a tecnica mista, 600 x 250 x 150 cm.
Installation view at Gelateria Sogni di Ghiaccio, Bologna (IT), solo show Hobobolo.
Courtesy MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Ph Credits: Mattia Pajè

   

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Vampirello Lucrezia, 2023, matita colorata su carta, 50 x 70 cm.
Courtesy Zazà Galleria
Ph Credits: Zazà Milano-Napoli

   

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FLX Recorder – Screen Pavillon, 2022–2024, pannelli laminati, stampe alla gelatina d’argento, inchiostro su carta e trasparenze, 180 x 480 x 211 cm.
Installation view at Fondazione Nicola Del Roscio, solo show Ghostwriting Paul Thek.
Courtesy l’artista e Zazà Galleria
Ph Credits: Sebastiano Luciano

     

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Fade Paw Study (Untitled), 2024, bronzo, alluminio, cemento, 60 × 45 × 172 cm (bronzo), 45 × 40 × 50 cm.
Courtesy l’artista e Zazà Milano-Napoli
Ph Credits: Riccardo Banfi

   

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Installation view, FELIX
Courtesy: l’artista e Marselleria Permanent exhibition
Ph Credits: Marco Cappelletti

   

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Bébé Colére – City of Clocks and Paws, 2022, cera, resina, 30 x 35 cm.
Courtesy Zazà Galleria
Ph Credits: Lea Eouzan-Pieri

  

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