
fauna d'arte
"Ogni opera è una scoperta che non cercavo". L'arte secondo Marco Belfiore
Pittore, musicista e padre, crea nella pace della notte, fondendo cultura alta e pop. "Lavoro su ciò che non mi viene chiesto, e qualcosa succede sempre". La pratica serendipica, tra i mostri dell’infanzia. "L’arte è un’entità vampiresca, non deve salvare nessuno"
Nome e cognome: Marco Belfiore
Luogo e anno di nascita: Rovereto (TN) 1971
Gallerie di riferimento e contatti social:
Galleria Monica De Cardenas, Milano-Zuoz
Progetto musicale Cosmic Bombero
L'intervista
Intervista realizzata in collaborazione con Anna Setola
Che ruolo gioca la serendipità nella tua pratica artistica?
Avendo interrotto gli studi molto giovane sono diventato autodidatta per necessità, quando ripresi a studiare anni dopo, avevo oramai sviluppato un gusto e una sensibilità autonomamente: ritrovai nello studio scolastico quello che già avevo sperimentato nella vita reale, questo mi fece capire come si possa giungere alle stesse conclusioni partendo da punti e momenti diversi tra loro. Mi ritengo un artista serendipico, perché ogni volta che analizzo una cosa che mi interessa ne scopro un’altra che fino a quel momento ignoravo.
La serendipità viene comunemente associata alla ricerca scientifica, ma chiunque viva la propria vita assecondando le proprie curiosità non può fare a meno di utilizzarla anche inconsapevolmente.
Qual è la funzione dell’arte oggi?
L’arte non è una medicina, non deve educare, moralizzare e men che meno salvare vite. Per me è da sempre un’entità parassitaria, vampiresca, talvolta provocatoria e spesso autoreferenziale che - quando riesce a mettere in fila un serie di intuizioni felici - ci mostra in maniera soverchiante la grandiosità del pensiero umano (abissi compresi). Sono molto curioso di vedere come l’arte saprà funzionare in relazione alle intelligenze artificiali.
A che cosa stai lavorando?
Raramente lavoro in vista di un progetto specifico, in genere trovo motivante produrre opere che nessuno mi chiede, e solo in un secondo momento cerco di creare i presupposti per un progetto espositivo. Il disegno e la pittura sono sempre al centro della mia pratica quotidiana, ma negli ultimi anni ho aggiunto lo studio della teoria musicale: ho sempre suonato “ad orecchio”, e da alcuni anni realizzo anche liveset che fondono animazioni, disegno e musica elettronica autoprodotta con lo pseudonimo Cosmic Bombero.
In genere questo è il mio loop lavorativo: mi fermo, studio, riparto a produrre e qualcosa succede sempre.
Perché il “mostruoso” ricorre così spesso nel tuo lavoro e cosa ti spinge a evocarlo?
La mostruosità viene spesso rappresentata in maniera stereotipata; i mostri che immaginiamo sono dei cliché che hanno vissuto per qualche anno sotto i letti della nostra infanzia. Lavoro utilizzando cliché e stereotipi da sempre perché amo mescolare alto e basso, dunque i mostri (e tutto quello che si portano appresso) non posso proprio ignorarli.
Che cos’è per te lo studio d’artista?
La scrivania nella mia camera. Qualche volte lavoro anche nello studio di altre persone ma solo quando la scrivania non mi basta più. Nei periodi in cui mi dedico alla musica, la scrivania diventa un piccolo studio di registrazione; quando dipingo o disegno sostituisco i sintetizzatori con matite e pennelli. In questo preciso momento sono in fase di ricerca; disegno e suono mentre sulla scrivania regna il caos.



Cosa cerchi quando metti in relazione elementi della cultura alta e della cultura popolare?
Nel 2007 esposi una serie di “vignette” acquerellate dal titolo Oh, Les Italiens! Con stile illustrativo mettevo in fila tutta una serie di tic e stereotipi legati all’italianità vista dal di fuori dei nostri confini geografici. A Milano in quel periodo proliferavano artisti di matrice fortemente concettuale; non era un buon momento – al contrario di oggi - per la pittura e per il disegno con figure umane. In quel panorama mi sentivo un po’ fuori luogo con il mio lavoro e questo sentimento stimolò in me il desiderio di esporre ciò che in giro non vedevo. In quel periodo collaboravo con il gallerista Pasquale Leccese - la cui ultima preoccupazione nella vita era quella di omologarsi a qualsivoglia tendenza - che appena vista la serie mi fece fare subito una mostra nel suo spazio.
Da tempo esploro altre tematiche, ma quel modo di affrontare il contesto “alto” dell’arte è rimasto immutato.
Com’è organizzata la tua giornata?
Dal 2018 sono padre e da quel momento ho imparato che la mia vera giornata lavorativa inizia la sera: di giorno mi impegno per altro, di notte mi impegno per me.
Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?
Credo che la musica dark amata in adolescenza abbia lasciato una traccia profonda nel mio immaginario. Nel tempo ho cercato quelle atmosfere anche altrove, e trovai particolarmente di mio gusto lo humor nero nei racconti di Kafka e nei film di Hitchcock; il colto e autoironico male di vivere nei primi testi di Nick Cave; la controversa spiritualità nei libri di Flannery O’Connor e il divertito disincanto nelle storie di Lydia Davis; le stranianti intuizioni filmiche nei primi videoclip diretti da Anton Corbijn, fino ad arrivare all’amore per le animazioni multidisciplinari di Kentridge e le opere (tutte) di Fischli and Weiss.
In che modo hai iniziato a fare l’artista?
Credo di aver avuto un percorso particolare: ho disegnato tantissimo fino ai 16 anni, poi per vari motivi smisi e divenni un appassionato ascoltatore di musica, e un grande lettore di riviste musicali e libri di racconti. Dopo i 20 anni però ricominciai a disegnare e copiare opere che amavo, qualche anno dopo mi licenziai dal lavoro che facevo e ripresi a studiare. Intrapresi studi artistici dopo i quali cominciai ad esporre le mie opere in età ormai adulta. Il fatto di aver iniziato “tardi” mi ha sempre conferito forza e convinzione per le mie idee: sono arrivato all’arte uscendo, perdendomi e rientrando in me stesso, e ogni singola opera che realizzo ancora oggi per me ha ancora il sapore di una conquista.
Le opere
Mobilitazione Comunale, 2007
dalla serie Oh, Les Italiens!
Acquarello su carta
cm 50 x 60
courtesy: l’artista e Galleria Le Case D’Arte
Clown White, 2012
rotoscope animation
1’12’’
courtesy: l’artista
Fenicano Rosa, 2012
dalla serie Scherzi della Natura 2012-2013
tempera, acquerello, pastelli su cartoncino
cm 40 x 50
courtesy: l’artista
Tengusong, 2016
poster del film
courtesy: l’artista e Snaporazverein
Re - Mix, 2017
dalla serie Soundtails
acquarello, pastelli e matita su carta
cm 30 x 20
courtesy: l’artista e Galleria Monica De Cardenas
Genderpathy IX, 2020
dalla serie Genderpathy
acquarello, pastelli, inchiostro e matita su carta
cm 30 x 20
courtesy: l’artista
Alphabetro, 2021
dalla serie Random Access Memories
tempera, acquarello, pastelli, penna e matita su carta cm 100 x 70
courtesy: l’artista e Galleria Monica De Cardenas
Soundcheck #24, 2022
dalla serie Soundcheck
acrilico, tempera su tavola
cm 40 x 60
Serendipità 08, 2024
dalla serie Serendipità
acrilico e tempera su tavola
cm 60 x 40
courtesy: l’artista
Mangiafuoco, 2025
dalla serie Mesopotamie 2024-2025
tempera rigatino su tavola
cm 30 x 20
courtesy: l’artista