
fauna d'arte
"L'arte è un gesto necessario": viaggio nell'universo nomade di Claudia Losi
Dalla teoria della balena ai canti nei paesaggi, passando per sagome di carta e cammini rituali: "Cerco relazioni, storie, trasformazioni. Ogni progetto è un organismo vivente. Il mio studio? Un luogo dove immaginazione e corpo si intrecciano per diventare arte"
Nome e cognome: Claudia Losi
Luogo e anno di nascita: Piacenza, 1971
Gallerie di riferimento e contatti social:
Monica De Cardenas, Milano,Zuoz
L'intervista
Intervista realizzata in collaborazione con Anna Setola
Com’è organizzata la tua giornata?
Raramente ho giornate, una dietro l’altra, che si svolgono uguali. Viaggio parecchio. Quando sto nella città in cui vivo con la mia famiglia, sono contenta quando rimango per ore in studio. Ci sto bene. Mi accoglie. A volte scalpito e allora esco per lunghe passeggiate, con qualunque tempo. Se sono fortunata riesco a salire in Appennino (vivo a Piacenza). Diciamo che le mie giornate si organizzano in base alla presenza nello stesso luogo, alle urgenze lavorative, al desiderio di quiete.
Che cos’è per te lo studio d’artista?
A pensarci bene vivo lo studio (che ho cambiato da poche settimane, dopo un trasloco infinito) come un arcipelago. Fondo isole che abito con libri, oggetti, materiali, tavoli, sedie, ritagli e scritte sui muri. Ora ne sto ricostruendo uno: è un appartamento in un vecchio palazzo del centro, molto luminoso, e pieno di stanze e livelli diversi. Tra queste isole costruisco, dimentico e ritrovo: è, probabilmente, la rappresentazione fisica di quel mondo interiore, quel luogo naturale sempre mutevole che è ciò che siamo.



L’idea di cammino e di viaggio sono fondamentali nel tuo processo di ricerca. A che tipo di esperienze ti riferisci e come diventano parte delle tua arte?
Ho sempre amato girovagare per la campagna collinare in cui sono cresciuta. Piccole esplorazioni che duravano, in estate, le ore di luce. Da adulta camminare è diventato indispensabile per pensare: non penso bene stando ferma. Nella sosta, lo stare fermi, nella sana noia della quiete, si attiva l’immaginazione: e allora comincio a figurarmi in luoghi diversi da quello in cui mi trovo (How do I Imagine Being There, 2016; Being There, 2022). È questa un’attitudine che mi ha accompagnata tutta la vita: andare a vedere, andarci muovendo il proprio corpo, per confermare, negare, arricchire quello che la mia immaginazione “anticipa”. Depositarlo nell’arcipelago/mondo/studio e farlo crescere attraverso la parola, l’immagine, il canto, la relazione con l’altro.
Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?
Parto da Alberto Giacometti, su cui scrissi la tesi di laurea in francesistica.
Un amico e punto di riferimento per me resta Hamish Fulton, il walking artist; Maria Lai, le tante tessitrici più o meno anonime; le mondine e tutti i canti di lavoro e di cura, soprattutto femminili.
Per i riferimenti teorici (ma potrei dirti altro, domani) Merleau-Ponty, Ryōkan Taigu, Berger, Zambrano e molte poetesse.
Ma davvero tutto si mescola: generi, tempi, identità. Domani avrei probabilmente un’altra sequenza come risposta.
Cosa rappresenta "l’animale” nelle tue opere e come si relaziona al mondo contemporaneo?
L’animale che sono e che si riconosce perché si rispecchia nell’altro, umano e non. Ho costruito un’ultraforma animale, una balena, che mi ha accolto nel suo ventre, permettendomi di costruire plurime narrazioni, e quindi costruirmi nel corso di quasi venti anni (The Whale Theory. Un immaginario animale, Johan & Levi, 2021).
Il tema della relazione con l’animalità è fondamentale da sempre e ora più che mai: il riconoscimento di appartenenza a una complessità che si articola nei corpi viventi che siamo, che compongono parte del sistema terra, l’entità Gaia.
L’animale è diventato, per la nostra specie, lo specchio esterno per apprendere a distinguere il sé dal non-sé in una dinamica di riconoscimento e differenziazione, “una sorta di modulo cognitivo… Una specie di bestiario espanso per interpretare il tutto”, come direbbe un altro compagno di viaggio, Matteo Meschiari.
Raccontaci Balena Project.
Balena Project è stato un progetto multiforme che ha riunito nella stessa narrazione scultura, installazioni pubbliche, performance, scrittura, film, animazione video, musica, fotografia, laboratori e pubblicazioni. Avviato nel 2004, da un’idea maturata qualche anno prima, si è concluso (anche se ancora con delle possibilità di sviluppo) nel 2021 con la pubblicazione di The Whale Theory.
Balena Project può essere definita il racconto mitico e proteiforme di una balenottera comune lunga 24 metri, interamente realizzata con un tessuto di lana pregiata, una grande sacca d'aria e quintali d’imbottitura, che ha viaggiato per diversi anni in Italia e all'estero come un'attrazione da fiera d'altri tempi (vedi la storia di Goliath). Balena Project è stato un “dispositivo simbolico”, che si attivava ogni volta assumendo, presentazione dopo presentazione, nuove forme di significato, coinvolgendo persone e immaginari, toccando temi di divulgazione scientifica e ambientale, storici e letterari. Nei musei, negli spazi informali in cui è stata esposta, nelle varie tappe di questo tour, fino alla sua trasformazione rituale durante Les Funérailles de la Baleine, nel 2010, ha raccolto un’infinita quantità di storie, ha aperto collaborazioni, ha innescato nuovi progetti in parte ancora attivi. Di questa mia personale mitopoiesi incarnata, restano, tra le tante parti in cui il corpo-narrazione della balena è stato diviso, ventotto giacche (Letter Jackets, 2011 – 2016) realizzate con la pelle della balena e che a loro volta hanno viaggiato, per tornare modificate da coloro ai quali erano state spedite, come lettere appunto.
In che modo hai iniziato a fare l’artista?
Durante i primi anni bolognesi ho condiviso un lungo percorso di ricerca con Matteo Meschiari (con Francesco Benozzo, fondammo nei primi anni Novanta, lo Studio Italiano di Geopoetica): credo sia stato in quel periodo che mi è parsa l’unica possibilità, quella di provare a fare dell’arte un lavoro a vita, per dare senso al mio stare al mondo. Le prime mostre e residenze, e contemporaneamente l’azzardo nel buttarsi in progetti che non sapevo dove mi avrebbero portata: crescevano, si ramificavano, come organismi viventi. C’è una determinazione cocciuta che mi ha portato a provare e riprovare, dedicandomi a un fare, a un tessere che non so esattamente dove porterà, ma che so importante.
Qual è la funzione dell’arte oggi?
Domanda difficile, quando tutto attorno sembra svuotarsi progressivamente (e molto velocemente) di significato. Trovo sempre più interessante immaginare progetti di lungo respiro temporale, pluridisciplinari, che si legano tra loro, che si modificano, che aprono collaborazioni vere. Mi interessa conoscere le tante realtà culturali che lavorano sui territori liminali, di bordo (fisico e metaforico) il cui desiderio è quello di muovere, riattivare competenze, desiderare insieme. Ce ne sono tante, animate da persone piene di forza e bellezza. In queste pieghe l’arte, credo, può davvero attivare un pensare e un fare virtuosi. Lo sento necessario.
A che cosa stai lavorando?
Lavoro sempre a più progetti contemporaneamente, spesso legati tra loro e ad azioni precedenti. Due in particolare al momento: l’uscita entro l’anno del secondo volume, Being There, della collana di libri+dischi d’artista Passo chiama passo che raccoglie e testimonia le performance di canto corale nel paesaggio realizzate con la cantante Meike Clarelli e iniziata con Voce a vento (2021). Il secondo progetto a cui sto lavorando è Anìmule (dal 2022): da quando mi ricordo, se ho un foglio di carta tra le mani, e non posso disegnare o scrivere, strappo il foglio e in base al primo strappo, alla prima linea irregolare, immagino una forma (forme animali o vegetali, di animali umani ibridati con le molteplici variazioni del vivente e non vivente, di esseri fantastici che mettono insieme tutto quanto) e procedo stracciando e modellando sagome. Nascono così figure dai profili irregolari, stilizzate, dalle proporzioni scorrette, sempre diverse in base al tipo di carta.
In questi anni ho realizzato diversi laboratori in contesti diversi, con pubblici di ogni età e tipo e sono state prodotte migliaia di sagome. Per “attivarle” è stata concepita un performance d’ombre dove alcune di queste vengono animate visualizzando una traccia audio che cambia ad ogni appuntamento. Anìmule è stato declinato in tante modalità, dalla versione VR, realizzata grazie all’Università di Pavia – Officine Creative, alla performance realizzata con Virgilio Sieni, al cammino notturno con la voce della perfomer Sara Bertolucci ideato per Il Museo della montagna di Torino. Un’altra balena, Anìmule. Questa però si può infilare tra le pagine di un libro.
Le opere
Claudia Losi, Balena Project, Fiorenzuola d'Arda, 2006. Ph. Claudia Losi.
Alan Hovhaness, And God Created Great Whales, Op. 229, No. 1, 1970
Claudia Losi, Les Funérailles de la baleine, Biella, 2010. Ph. Claudia Losi.
Vinicio Capossela, Marinai, balene e profeti, 2011 - Billy Bud
Claudia Losi, Les Funérailles de la baleine, Biella, 2011, digital video HD 16/9, 39’; frame da video diretto da Daniele Signaroldi.
Vinicio Capossela, Marinai, balene e profeti, 2011 - Goliath
Claudia Losi, Voce a vento, 2018. Performance and temporary site-specific installation (Licusati area, West of Monte Bulgheria), Cilento and Vallo di Diano National Park (IT). Ph. Vittorio Antonacci
Claudia Losi/meike Clarelli, Voce a vento, 2021
Claudia Losi, Aria Mobile, 2006, cotton thread and silk embroidery, ø 17 cm. Courtesy Monica De Cardenas Gallery (Milan). Ph. ©IKON, Birmingham
Claudia Losi/meike Clarelli, Voce a vento, 2021
Claudia Losi, Discorso sulla prossimità, 2016-2022; fabric, padding, iron wire; number and dimensions variable. Installation view at Arte in Fabbrica, Gori Tessuti, Calenzano, 2022; Ph. Serge Domingie.
Claudia Losi/meike Clarelli, Voce a vento, 2021
Claudia Losi, Dove il passo, 2015; cotton ribbons, ink, pins; 4,5 x 25 m approx. Installation view a Tenuta dello Scompiglio, Lucca. Ph. Guido Mencari.
Claudia Losi/meike Clarelli, Voce a vento, 2021
Claudia Losi. Poli Arctici Constitutio, 2016; silk, wool, embroidery, ø 250 cm. Installation view a Collezione Maramotti, Reggio Emilia. Ph. Andrea Rossetti.
Claudia Losi/meike Clarelli, Voce a vento, 2021
Claudia Losi, Oltre il giardino, 2022; jacquard cotton fabric, iron structure, rope; textile size: 1895 x 146 cm. Realizzato grazie al supporto di Italian Council (IX edizione, 2020). Installation view a Lottozero, Prato. Ph. Toast_Studio / Lottozero, 2024.
Nick Cave/ Warren Ellis, We are not alone, 2021
Claudia Losi, Anìmule, dal 2022; paper cutouts, light source, audio work in progress. Ph. Geordy Bergerone.
Tom York, Anima, 2019 - The Axe