fauna d'arte

Corpi, materiali e intelligenza artificiale: l'universo creativo di Cosimo Veneziano

Francesco Stocchi e Gabriele Sassone

Celebrare l’imperfezione. Tra ceramica, marmo e acciaio, l'artista di Moncalieri esplora la connessione organica tra arte e materia: "Ogni scelta tecnica è una forma di rispetto verso la materia stessa. L’arte deve farci vedere con occhi diversi"

Nome: Cosimo Veneziano

Luogo e anno di nascita: Moncalieri (Torino) 1983

Galleria di riferimento e contatti social: Cosimo Veneziano Instagram

 

L'intervista

Intervista realizzata in collaborazione con Anna Setola

  

A che cosa stai lavorando?

Sto lavorando a una serie fotografica dal titolo “There is no Heart Whitout You”, che si interroga su “come lo sguardo guarda”. Ormai siamo bombardati continuamente di immagini e ne produciamo di continuo, basti pensare alle foto che inviamo via WhatsApp. Viviamo nell’epoca delle immagini in tempo reale, immagini sempre più virtuali che catturano il nostro sguardo solo per pochi istanti. È come se si stesse perdendo l’attenzione verso quello che guardiamo, e spesso questo guardare sono corpi di uomini e donne. Da un’immagine si passa velocemente a un’altra e un’altra ancora, una continua visione di corpi.

Partendo da questo presupposto, ho intervistato alcuni chirurghi dell’Istituto Fisioterapico di Torino domandando loro quali fossero gli interventi sul corpo richiesti più di frequente.

Ho poi fatto elaborare i dati a quattro AI (Dall E 3, Stable Diffusion, Journey, Gencraf) e ne sono nate immagini di corpi stereotipati, privi di empatia, potremmo dire di corporeità, e con numerosi errori, soprattutto anatomici. A volte un piede, le dita di una mano, una spalla. La serie riflette su come stia cambiando la percezione dei corpi che, sempre più rapidamente, sembra farsi più artificiale, clinica, algida. Ho trasformato l’immagine in scala di grigi e poi ho dipinto le parti anatomicamente corrette, riprendendo la tecnica di colorazione fotografica all’anelina. La coloritura delle fotografie, soprattutto prima dell’avvento della pellicola a colori, era una pratica corrente. Inizialmente i pigmenti (acquerello, tempera, pastello) venivano usati per dipingere fotografie di paesaggi reali con colori d’invenzione dell’artista.

Mi interessa molto l’aspetto anche giocoso del dipingere, soprattutto in questo periodo storico dove la pittura la fa da padrone come linguaggio dell’arte contemporanea. Parte di questa ricerca è stata esposta presso lo spazio Sutura a Torino.

  

Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?

Spazio molto: dai ritrovamenti di Roma e Bisanzio (V- XIII secolo), a Gustave Courbet, per arrivare a fumettisti come Yamazaki Mari, Tori Miki, Magnus, Tiziano Sclavi.

 

La tua pratica artistica ha uno stretto legame con lo spazio pubblico. Perché reputi questa dimensione tanto importante nella tua lettura del contemporaneo?

Quando installi un lavoro nello spazio pubblico hai pochi filtri e i tuoi lavori devono dialogare con numerosi attori presenti sul territorio. Si parte dal committente fino ad arrivare al cittadino che abita vicino alla scultura. Chiunque entri a far parte del processo di produzione e installazione dà numerose chiavi di lettura e possibili modifiche per la creazione del manufatto finale. Inoltre, quando installo un lavoro nello spazio pubblico, capitano sempre degli imprevisti che modificano la natura stessa del lavoro.

  

Qual è la funzione dell’arte oggi?

Credo sia quella di far vedere le cose, anche quelle più banali, con occhi diversi. Abbiamo un gran bisogno di usare il famoso “pensiero laterale”.

  

Com’è organizzata la tua giornata?

La mia giornata è frutto di delicate connessioni e molteplici incastri, la cui sovrapposizione, per una mia innata propensione alla casualità e al caos, molto spesso è fallimentare.

Tra i numerosi impegni di mia moglie, di mio figlio e i miei, le connessioni sono tante. La sveglia al mattino è quasi sempre all’alba. Dopo aver girato come una trottola tutta la giornata (come ormai il 90 % della popolazione mondiale) mi ritaglio del tempo, verso sera, per andare in studio.

  

Che cos’è per te lo studio d’artista?

Il luogo dove produco è sovente la cucina della mia abitazione. Oltre il mio studio canonico ci sono le varie sedi degli artigiani che mi aiutano nella produzione di alcune sculture, soprattutto per la lavorazione di ferro e acciaio.

   

   

Quale valore assumono i materiali e come li utilizzi nelle tue opere?

I materiali sono fondamentali per la mia produzione, soprattutto nel campo della scultura. L’uso del materiale e della tecnica sono per me elementi fondamentali, perché parte integrante del lavoro. Il progetto e la materia vivono in simbiosi. Il materiale usato viene suggerito dal progetto, è una forma di rispetto. La materia non si adatta, ha una propria organicità. Nell’ultimo periodo uso principalmente ceramica, marmo e l’acciaio. Inoltre, quando creo un lavoro, ho uno stretto legame con la letteratura. I titoli di diverse mostre fanno riferimento ad altrettante opere letterarie (La possibilità di un’isola di Houellebecq, Verso l’Occidente l’Impero dirige il suo corso di David Foster Wallace.

  

In che modo hai iniziato a fare l’artista?

Per evadere dal quotidiano. Non sono mai riuscito a essere “accademico”.

   

Che importanza ha per te l’intelligenza artificiale e cosa cerchi di far emergere?

L’Intelligenza artificiale è un punto di inizio per la creazioni di nuove immagini e mi interessa l’errore che in teoria questo “essere perfetto” compie.

    

Le opere

  

  

Dalla serie Patrimonio Dissidente: Monumento a Belusconi, Milano 2, 100x70 cm, carta cotone e anelina, 2024.

 

Chainsaw Man di Tatsuki Fujimoto

   

Dalla serie Patrimonio Dissidente: Monumento a Craxi, Aulla, 100x70 cm, carta cotone e anelina, 2024.

 

Jojo di Hirohiko Araki

  

Patrimonio Dissidente: Installation view, MAC, Museo Arte Contemporanea di Lissone, courtesy Fondazione Connecting Culture e l’artista. Foto di Paolo Araldi.

 

Claymore di Norihiro Yagi

  

There is no Heart Whitout You, 100x70 cm, carta cotone e anelina, 2024. Foto di Sebastiano Pellion Di Persano.

 

Saga di Brian K. Vaughan e Fiona Staples

   

 

There is no Heart Whitout You, 100x70 cm, carta cotone e anelina, 2024. Foto di Sebastiano Pellion Di Persano. Installation view, Sutura, Torino. courtesy, Sutura e l’artista.

 

Warlock n 1, Roy Thomas, Gil Kane

  

   

There is no Heart Whitout You, 100x70 cm, carta cotone e anelina, 2024, particolare. Foto di Sebastiano Pellion Di Persano.

  

The Private Eye di Brian K. Vaughan e Marcos Martin

    

  

L’Acqua del 2000, ceramica, ferro, acqua, pigmenti, 2023, particolare.

 

Uomo Ragno n 17, Stan Lee, Steve Ditko

 

    

L’Acqua del 2000, ceramica, ferro, acqua, pigmenti, 2023, particolare. Installation View Museo della Montagna, Torino.

 

Il guanto dell’infitnito n 1, George Pérez, Ron Lim, Jim Starlin

  

Biomega, 2019, piralide, marmo nero, incisione d’oro dimensioni 100 x 100 cm.

 

Roy Man, Tiziano Sclavi, Attilio Micheluzzi

  

Biomega, 2019, installation view, Fondazione La Raia, Serralunga D’Alba. Fotografia: Matilde Martino.

 

Il cuore nello scrigno. Dino Battaglia