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La nuova Guerra fredda è artificiale

Non più missili, ma modelli. La corsa tra America e Cina sull’AI cambierà tutto 

Non si lanciano satelliti, si addestrano cervelli. La nuova Guerra fredda non passa dai missili ma dai modelli, non dal nucleare ma dai chip. L’America ha ancora un vantaggio – OpenAI, Google, Nvidia – ma la Cina corre come mai prima. Dopo anni di ritardo, Pechino ha trasformato l’intelligenza artificiale in un progetto nazionale, politico, quasi spirituale: entro il 2030, il 90 per cento dell’economia cinese dovrà integrare l’IA.

Tutto è cominciato con la startup DeepSeek, capace di eguagliare quasi i modelli di OpenAI a una frazione del costo. E’ bastato per far scattare la mobilitazione. Xi Jinping ha convocato i leader tech e varato un piano industriale di miliardi. Dalla Mongolia Interna arrivano server alimentati da energia solare, dalle città-fabbrica si costruiscono chip più piccoli, meno potenti ma infinitamente replicabili: “Gli sciami battono il titano”.  E mentre la Cina accelera, il resto del mondo osserva con un misto di fascinazione e sospetto. L’Europa teme di trasformarsi nel campo di gioco altrui, priva di modelli competitivi e soffocata dalla propria burocrazia regolatoria. L’India prova a inserirsi come terzo polo, spingendo su software e talento umano più che sull’hardware. Anche gli stati del Golfo stanno investendo in supercomputer e data center, comprando potenza di calcolo come fosse nuovo petrolio del Ventunesimo secolo. Tutti si stanno preparando a un futuro in cui l’IA non sarà solo uno strumento, ma un intermediario obbligato tra la realtà e chi la osserva. In questo nuovo ecosistema geopolitico, quello che conta non è più solo chi produce i dati, ma chi ne decide l’interpretazione. E così la competizione non avviene più solo tra eserciti o aziende, ma tra ontologie: modi differenti di definire il significato stesso delle cose.

A Washington, intanto, cresce la paura di un’intelligenza “autoritaria” che possa plasmare i valori globali. La risposta è la stessa di ogni Guerra fredda: spendere di più, accelerare, non fidarsi. Peccato che la posta in gioco, questa volta, non sia solo militare o economica. E’ culturale. Chi definirà cosa l’intelligenza artificiale deve considerare vero, buono o giusto? Come nel 1957, quando lo Sputnik sovietico spinse l’America sulla Luna, anche oggi la paura della Cina sta alimentando una nuova corsa – ma per dominare la mente, non lo spazio. Ogni potenza costruisce il proprio modello di mondo, e lo addestra con miliardi di dati. E forse la sorpresa finale, in questa guerra, sarà che il vincitore non sarà né umano né nazionale. Sarà la prima intelligenza che non appartiene a nessuno, ma che parla, per sempre, con accento artificiale.