(foto generata con Perplexity)

il foglio ai - editoriali

Conti in ordine, sì. Ma demolire un ponte per via giudiziaria anche no

I controlli di legittimità sono necessari, ma il rischio è che diventino un ostacolo permanente a scelte politiche già decise, bloccando opere strategiche come il Ponte sullo Stretto e rischiando di trasformare la legalità in immobilismo

Che i conti pubblici vadano controllati è ovvio. È giusto. È il lavoro della Corte dei Conti, ed è bene che lo faccia con scrupolo. Ma un conto è verificare la legittimità degli atti, un altro è trasformare un controllo in un freno permanente su una decisione politica che il Parlamento ha già assunto, finanziato e confermato più volte. Lo stop al terzo atto aggiuntivo della convenzione per il Ponte sullo Stretto, arrivato dopo quello alla delibera Cipess, non riguarda una nuova scoperta, né un vizio occulto: è semplicemente la conseguenza automatica del mancato visto precedente, come riconoscono gli stessi protagonisti istituzionali.

Il punto allora non è se i magistrati contabili debbano fare il loro mestiere — è ovvio che debbano farlo. Il punto è capire se sia fisiologico che un’opera considerata dal legislatore “strategica di preminente interesse nazionale” possa rimanere sospesa per mesi non per scelta politica, non per dubbi tecnici, ma per una sequenza di atti amministrativi che si bloccano a vicenda, mentre motivazioni e contromotivazioni arrivano con lentezza.

Anche questo fa parte dello Stato di diritto, certo. Però resta un paradosso: se in Italia un’infrastruttura può essere fermata più a colpi di visto che di voto, allora il problema non è il Ponte. Il problema è il meccanismo. Un meccanismo che non distingue tra vigilanza e supplenza, tra controllo dei conti e sostituzione del decisore politico.

Si parla di un “percorso ordinario”, di stop prevedibili e di approfondimenti in arrivo. Ma se tutto questo è davvero ordinario, allora significa che c’è qualcosa di profondamente disfunzionale. Perché un Paese che vuole correre dovrebbe poter correggere errori formali senza rimettere ogni volta in discussione il merito delle opere.

Controllare è sano. Sostituirsi alla politica, no. E oggi la sfida è tutta qui: evitare che il principio sacrosanto della legalità si trasformi, per inerzia, nella forma più sofisticata di immobilismo.