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Una riforma Irpef che costa tre miliardi e non cambia i rapporti di forza
Per la Banca d’Italia la riduzione della seconda aliquota Irpef ha effetti limitati sulla disuguaglianza e rischia di favorire i redditi medio-alti senza incidere sulla crescita o sulla coesione sociale
Secondo l’audizione di Fabrizio Balassone davanti alle Commissioni Bilancio, la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33 per cento comporta un minor gettito di circa 3 miliardi l’anno e beneficia soprattutto i contribuenti con redditi oltre i 28 mila euro, fino a un massimo di 440 euro annui per chi supera i 50 mila. Il vantaggio si riduce per i redditi alti (oltre 200 mila euro) per effetto del taglio alle detrazioni.
La Banca d’Italia osserva che la misura, pur coerente con i precedenti interventi a favore dei redditi medio-bassi, non modifica in modo significativo la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi. L’Istituto invita a non usare la leva fiscale come strumento principale di redistribuzione e sottolinea che la crescita del potere d’acquisto deve poggiare su salari più alti e maggiore produttività