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Un'Anci prudente ma non ostile: Manfredi non boccia la Manovra
Guidata dal sindaco di Napoli, l’associazione dei Comuni sceglie un tono costruttivo. Nessuna demolizione della legge di bilancio: il giudizio è di cauta fiducia, con richieste concrete e una novità politica non banale
L’Associazione nazionale dei comuni italiani, guidata da Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli ed esponente di area centrosinistra, ha deciso di non mettere la croce sulla manovra del governo Meloni. Anzi. Nel corso dell’audizione alle Commissioni Bilancio, l’Anci ha scelto una linea che, più che di opposizione, è di collaborazione: riconoscere ciò che funziona, segnalare ciò che manca, chiedere correttivi senza alzare barricate. È un atteggiamento inusuale nel clima politico attuale, dove ogni documento di bilancio tende a diventare terreno di scontro ideologico.
La Manovra 2026, osserva l’Anci, non introduce nuovi tagli ai comuni. E già questo, dopo due anni di riduzioni pesanti, è un fatto politico. Restano in vigore accantonamenti per oltre due miliardi, ma per la prima volta da tempo il comparto municipale non viene considerato il bancomat della finanza pubblica. È una tregua, ma in un paese abituato a manovre che si fanno a colpi di taglio lineare, una tregua è già una notizia.
Il documento elenca una serie di segnali positivi: la riduzione del Fondo crediti di dubbia esigibilità, il via libera a un uso più flessibile degli avanzi di bilancio, la stabilizzazione del fondo per i centri estivi, il rafforzamento del fondo per i minori affidati, la conferma dell’anticipo di tesoreria e il rifinanziamento della card alimentare “Dedicata a te”. Non sono provvedimenti che cambiano la storia della finanza locale, ma indicano una direzione: quella di un dialogo aperto tra governo e territori.
C’è anche una novità politica. A differenza di altre stagioni, in cui l’Anci diventava megafono delle amministrazioni di sinistra in conflitto con l’esecutivo, Manfredi sceglie un tono pragmatico, da ingegnere quale è: riconoscere i progressi, sottolineare i limiti, proporre aggiustamenti. Non è un caso che la parola più ricorrente nel documento sia “razionalizzare”: razionalizzare i fondi per gli asili nido, la riscossione locale, la spesa sociale. Segno di un’associazione che vuole tornare a essere laboratorio di buona amministrazione più che di opposizione politica.
Certo, le criticità non mancano. L’Anci denuncia la “spesa sociale scoperta”, in particolare per i minori affidati e gli studenti disabili, dove i comuni sostengono gran parte dei costi con risorse proprie. Contesta l’idea, giudicata “impropria”, che lo stato trattenga il 30 per cento dell’extragettito dell’imposta di soggiorno, e chiede un piano nazionale per la sicurezza urbana e per la casa, due voci che nella manovra restano vuote. Ma le parole sono misurate: più lamenti tecnici che accuse politiche.
La parte più interessante è forse quella sulle proposte. Manfredi non parla di più soldi, ma di più libertà. Chiede di trasformare i tagli in accantonamenti gestibili, di rendere opzionale l’uso degli avanzi, di permettere ai comuni di utilizzare i proventi delle alienazioni per ridurre il debito. E insiste su un punto di buon senso che fotografa la realtà: serve sbloccare il limite alle assunzioni, fermo ai livelli di spesa del 2011-2013, per non soffocare i comuni virtuosi che avrebbero risorse per assumere ma non possono farlo.
In questo quadro, il giudizio complessivo è sorprendentemente equilibrato. “Segnali positivi e criticità”, scrive l’Anci nella premessa, sintetizzando il senso di una valutazione che non è né scontata né accomodante. Il documento parla di “comparto finanziariamente sano”, di “ripresa straordinaria degli investimenti locali”, di “tempi di pagamento ormai normalizzati sotto i 30 giorni”. Numeri che raccontano un pezzo di paese che funziona, e che chiede solo di poter lavorare.
La politica può leggere questa prudenza come una forma di debolezza. Ma è esattamente il contrario. Manfredi sta riportando l’Anci in una posizione istituzionale, non partigiana, consapevole che i comuni sono il primo anello dello stato. Dopo anni in cui la finanza locale è stata trattata come un capitolo di spesa, e non come una leva di crescita, la voce dei sindaci torna a parlare di collaborazione. E forse, in un’Italia che vive ancora di contrapposizioni, è il segnale più politico di tutti.