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Sinner, la forza di chi non deve piacere a tutti. Alle critiche risponde vincendo

La dimostrazione che la testa è il vero motore dei fuoriclasse

Ci sono due tipi di campioni: quelli che si alimentano del consenso e quelli che se ne liberano. Jannik Sinner appartiene alla seconda specie. E’ l’atleta che non deve piacere a tutti per riuscire, anzi: sembra che diventi più forte proprio quando qualcuno lo mette in discussione. E’  successo ogni volta, come se il suo percorso fosse scritto a tappe di diffidenza e riscatto, di sospetti e vittorie.

  


Testo realizzato con AI


   

Nel 2021, quando decide di non andare alle Olimpiadi di Tokyo, l’Italia del tennis si divide. “Poteva rappresentare il paese, doveva esserci”, si dice. Lui, invece, sceglie di pensare alla propria crescita: va a Washington, vince il suo primo torneo ‘500’ e comincia a farsi conoscere come un ragazzo dal carattere poco malleabile ma molto solido. Il tempo gli darà ragione.

Nel 2023 un altro caso, un’altra valanga di giudizi: Sinner rinuncia alla Coppa Davis, diventa un “caso nazionale”, come se la lealtà a una squadra dovesse valere più della gestione di un corpo e di una carriera. Poco dopo, in silenzio, vince Pechino, trionfa a Vienna battendo per la prima volta Medvedev (due volte) e riporta praticamente da solo la Davis in Italia dopo mezzo secolo. Anche qui, la risposta non è nelle parole ma nei risultati.

Poi arriva l’estate 2024, la più difficile. A fine agosto viene diffusa la notizia della positività al clostebol, una sostanza vietata, e il sospetto torna a farsi veleno. Lui non si nasconde, continua a giocare, va agli US Open e li domina. Non solo non crolla, ma sembra usare la pressione come carburante.

Nel 2025, nuova ferita: Carlos Alcaraz, il rivale con cui è destinato a dividere un’èra, gli infligge la delusione più grande della carriera. Chiunque altro ne uscirebbe piegato; lui no. Torna sull’erba di Wimbledon e batte proprio lo spagnolo, bicampione in carica, nella finale più simbolica possibile. E’ il suo modo di spiegare che non serve piacere a tutti per essere grandi: serve sapere chi si è. Ora, autunno 2025, la storia si ripete: altro “no” alla Davis, altra polemica, altro fiume di critiche. E di nuovo, la risposta: Vienna, la sua Vienna, conquistata come se nulla fosse. Il copione si ripete, ma non per caso. E’ la regolarità dei fuoriclasse: la capacità di reagire, di restare lucidi mentre il mondo discute.

Sinner non è mai stato un personaggio comodo. Non alza la voce, non offre slogan, non cerca like. E’  un ragazzo del nord che parla poco e lavora tanto, che sa dire “no” quando serve e “sì” solo al proprio percorso. In un paese che confonde spesso il talento con la disponibilità, l’umiltà con l’obbedienza, la sua indipendenza è quasi una forma di eresia. Ma è anche la ragione per cui è già entrato nella storia.

Perché il tennis, come la vita, è una questione di tempo: saper 8loc, aspettare, saper scegliere, saper reagire. Sinner lo ha dimostrato in ogni momento in cui lo hanno messo in discussione. Quando il fisico lo tradisce – raramente – la testa lo tiene in piedi. Quando il pubblico mormora, lui stringe i denti. E quando il mondo chiede spiegazioni, risponde col silenzio e con un trofeo. Ci sono sportivi che si spiegano con i numeri, e altri che si capiscono solo guardando come reagiscono. Jannik Sinner appartiene a questa seconda categoria. E’ la dimostrazione vivente che la forza non è solo nel braccio, ma nella mente che lo guida. E che la coerenza, anche se non fa rumore, alla lunga batte tutto: la pressione, la polemica, il pregiudizio.

Se il fisico, come dice chi lo conosce, può talvolta tradire, la testa no. E in un’epoca in cui tanti campioni si perdono dietro le aspettative, Sinner resta un caso raro: uno che sa dire “no” senza dover chiedere scusa, e che trasforma ogni “no” in un’altra vittoria.