IL FOGLIO AI
L'intelligenza artificiale nel futuro immaginato da Max Ciociola
Un ecosistema di agenti autonomi ridisegna il lavoro, l’economia e la conoscenza. L’uomo non scompare: cambia ruolo, diventando curatore dell’intelligenza diffusa
Max Ciociola, fondatore e ceo di Musixmatch, parte da un paradosso: e se l’intelligenza artificiale non esplodesse in una super intelligenza, ma semplicemente maturasse, diffondendosi ovunque come una rete silenziosa di assistenti intelligenti? Nel suo intervento, pubblicato il 27 ottobre 2025, immagina un 2035 non dominato dalle macchine, ma orchestrato da esse. Non un futuro distopico o messianico, bensì realistico: un mondo in cui l’AI diventa infrastruttura cognitiva, una forza quotidiana, integrata, discreta.
Il centro del suo ragionamento è la società degli agenti. Entro il 2035, prevede Ciociola, il dibattito non sarà più su quale azienda possieda il modello più potente, ma su chi saprà costruire l’agente più personale. Ogni individuo avrà un proprio “gamma simulation”: un agente addestrato su anni di dati, scelte, gusti, capace di dialogare, decidere, negoziare. Gli agenti parleranno tra loro più di quanto le persone parleranno con altri esseri umani. E il web diventerà un universo di identità digitali, reti di fiducia automatizzate e micro-servizi che interagiscono senza interfacce visive, solo attraverso linguaggio naturale e semantica condivisa.
Nascerà così l’economia dei micro-servizi, dove ogni azione – prenotare un volo, fare un investimento, chiedere un certificato – sarà un micro-contratto tra agenti che si scambiano crediti digitali e licenze algoritmiche. Le aziende dovranno adattarsi: non parleranno più con utenti, ma con migliaia di agenti che li rappresentano. Serviranno API cognitive, non solo tecniche, capaci di comprendere l’intento e il contesto. La fiducia, spiega Ciociola, diventerà il nuovo perimetro competitivo: senza un’identità digitale verificabile, nessun agente interagirà con te.
L’autore intravede in questo passaggio un nuovo paradigma: dall’era mobile-first a quella agent-first. Se per quindici anni tutto è stato progettato per uno schermo, nel 2035 tutto sarà pensato per un’intelligenza che agisce al posto dell’utente. Le interfacce saranno invisibili, ma la relazione con i brand sarà più personale che mai.
Paradossalmente, il futuro più avanzato somiglierà al passato. Ciociola immagina un ritorno alla dimensione “locale” dell’informazione: ogni mattina, ognuno di noi riceverà un piccolo giornale personalizzato, scritto dal proprio agente AI. Non feed infiniti, ma sintesi pertinenti; non caos informativo, ma contesto. Come nel 1935, quando la radio e il telegrafo portavano ordine e connessione, ma su scala umana.
Il lavoro, in questo scenario, non scompare: cambia pelle. Le persone non saranno più operatori, ma curatori di sistemi intelligenti. Gli agenti gestiranno burocrazia, dati, analisi, lasciando agli umani l’interpretazione, la visione, la creatività. Le professioni più esposte non saranno quelle manuali, ma quelle cognitive e standardizzate. La vera sfida, però, non sarà la disoccupazione: sarà la diseguaglianza cognitiva tra chi saprà addestrare e governare gli agenti e chi li subirà.
Ciociola propone dunque una politica diversa. I governi dovranno spostare l’attenzione dalla protezione del posto di lavoro alla protezione della capacità cognitiva. Investire nell’alfabetizzazione AI come si faceva un tempo nella scuola dell’obbligo. Creare agenti pubblici, modelli trasparenti, fondi di aggiornamento permanente. L’intelligenza artificiale, sostiene, non deve essere un servizio privato per pochi, ma un diritto di cittadinanza per tutti.
Perfino i sindacati dovranno trasformarsi: da difensori del posto a custodi del capitale cognitivo collettivo. Dovranno contrattare standard etici per l’uso dell’AI sul lavoro, garantire formazione e rappresentare anche i dati e le identità digitali dei lavoratori. Il contratto collettivo del futuro non regolerà solo orari e ferie, ma il rapporto tra uomo e macchina: chi controlla gli agenti? chi è responsabile dei loro errori?
Nel 2035, conclude Ciociola, non ci sarà meno lavoro, ma più orchestrazione. E la sfida non sarà far lavorare l’AI al posto nostro, bensì con noi. Trovare equilibrio tra efficienza e libertà, tra automazione e significato. Un mondo dove l’intelligenza artificiale, finalmente, non ruba l’anima all’uomo, ma gliela restituisce.
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