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Il Pd non è un foglio bianco

Con poche righe, Pina Picierno ha detto al partito una verità scomoda: non si può rifondare il Pd facendo finta che la sua storia – e chi l’ha fatta – non esista

Il post di Pina Picierno è un promemoria urticante per un partito che spesso si crede nuovo cancellando ciò che è stato. Nel Pd è tornata la tentazione di ripartire da zero, come se la sua storia fosse un peso di cui liberarsi. Ma quella storia, piaccia o meno, è fatta anche dei governi Letta e Draghi, cioè delle stagioni in cui i democratici hanno tenuto in piedi il Paese quando altri scappavano.

Picierno non difende il passato per affetto, ma per onestà. Chiede semplicemente che la segretaria Schlein chiarisca: quando dice che il Pd non deve più allearsi con la destra, parla anche di quei governi? E se sì, cosa pensa dei ministri e sottosegretari di allora – Orlando, Franceschini, Sereni, Speranza, Provenzano – che hanno servito lo Stato, non un’ideologia?

Dietro la cortesia istituzionale del post, c’è una domanda tagliente: si può costruire un’identità politica sulla rimozione selettiva della memoria? Schlein vuole un Pd radicale, ma rischia di apparire semplicemente smemorato.

Picierno non si appella alla nostalgia, ma alla coerenza. Non si può riscrivere la biografia di un partito ogni volta che cambia la segreteria. Il Pd non è un foglio bianco su cui tracciare slogan nuovi e cancellare i nomi scomodi. È un partito che ha governato, e spesso bene, anche con compromessi necessari.

Chi oggi si dice orgoglioso di “non tornare mai più” dovrebbe almeno ricordare da dove viene. E che senza quei governi “impuri”, senza quella responsabilità, oggi forse non ci sarebbe nemmeno un Pd a cui tornare.