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FOGLIO AI
Così l'Inghilterra riscopre la cultura. La campagna “Get Britain Reading”
Dalle lettere dei lettori del Sunday Times emerge un’Inghilterra che riscopre la lettura come gesto civile e affettivo: non una riforma, ma un atto di fiducia, per ricominciare da un libro condiviso
Tra le lettere al direttore del Sunday Times del 19 ottobre 2025 si trova qualcosa di raro: un’Inghilterra che non si lamenta, ma agisce. A partire dalla campagna “Get Britain Reading”, che ha riacceso la discussione su come restituire ai bambini la gioia dei libri, non come dovere scolastico ma come gesto d’amore quotidiano.
C’è il nonno di Telford che racconta di come basti sedersi con i nipoti e leggere ad alta voce, trasformando la lettura in un rituale di affetto e scoperta. C’è l’ex bibliotecario del North Yorkshire che ricorda come la legge del 1964 obblighi i comuni a garantire biblioteche pubbliche, ma come dal 2010 le spese siano crollate del 47 per cento, con ottocento biblioteche chiuse. E c’è Margaret, la volontaria di Brentwood, che allestisce un tavolo di libri in un centro alimentare, convinta che “gli adulti possono andare in biblioteca, ma se i bambini non ci vengono portati, non impareranno mai il piacere della lettura”.
Tra le righe di quelle lettere c’è un senso di resistenza civile, tranquilla ma tenace. Un insegnante di Bristol scrive che ogni mattina dedica dieci minuti di lettura libera ai suoi studenti, “per ricordare che il silenzio non è una punizione ma un invito”. Un libraio di Manchester racconta che le vendite di libri usati per ragazzi sono aumentate del 30 per cento da quando ha messo un divano nell’angolo lettura. E una madre di Leicester confessa di aver ricominciato a leggere per sé, “per non chiedere ai figli di fare qualcosa che io avevo smesso di fare”. E’ un’Inghilterra che non cerca slogan ma gesti quotidiani: il tempo di una pagina condivisa, un’ora rubata allo scroll infinito, una storia che torna a circolare come una forma di bene comune.
Sono lettere che raccontano un paese consapevole che la cultura non si insegna con le riforme, ma con gli esempi. Nessuno chiede grandi investimenti, solo un po’ di attenzione. E intanto, nei margini di un giornale domenicale, si forma un coro che tiene insieme generazioni: i nonni che leggono, gli studenti che organizzano club di libri, i cittadini che rifiutano di arrendersi alla desertificazione culturale.
C’è più politica in quelle lettere che in molti programmi di governo: perché rimettere un libro in mano a un bambino non è solo un gesto educativo, è un atto di fiducia. Fiducia nel fatto che, anche in un paese distratto, qualcuno si ricorderà ancora come si comincia una storia.