
Immagine generata con AI
Il Foglio AI
L'esercito ucraino come vera difesa europea
Senza l’Ucraina la sicurezza di Polonia, Slovacchia, Romania e degli stati baltici sarebbe oggi molto più fragile. E’ per questo che dire che Kyiv è la difesa europea equivale a riconoscere che la nostra libertà dipende oggi da trincee lontane da Bruxelles, ma vicinissime ai nostri destini
C’è una frase che circola spesso nei corridoi della diplomazia e nelle aule parlamentari di Bruxelles: l’esercito ucraino è la vera difesa europea. Non è un artificio retorico, né un modo per abbellire con parole solenni il sostegno militare inviato a Kyiv. E’ una constatazione semplice: finché i soldati ucraini trattengono l’avanzata russa sul fronte del Donbas e difendono Kharkiv, Mykolaïv, Odessa, finché impediscono a Mosca di sfondare e di arrivare più a ovest, sono loro a svolgere, di fatto, la funzione che i piani di difesa europea vorrebbero garantire solo nel 2030.
Da due anni e mezzo, la Nato ha scelto di non intervenire direttamente contro la Russia, per evitare l’escalation. Ma l’effetto pratico è che i confini dell’Unione europea sono difesi da un esercito che non fa parte né della Nato né dell’Unione, e che tuttavia combatte per un obiettivo che coincide con il nostro: impedire che il Cremlino riporti il continente all’età delle sfere di influenza, cancellando l’indipendenza di stati sovrani. Che cosa vuol dire concretamente? Significa che senza l’Ucraina la sicurezza di Polonia, Slovacchia, Romania e degli stati baltici sarebbe oggi molto più fragile. Il Kiel Institute ha calcolato che dall’inizio dell’invasione, nel febbraio 2022, l’Unione europea e i suoi stati membri hanno fornito all’Ucraina oltre 150 miliardi di euro di aiuti, di cui circa la metà in supporto militare. Non è carità, è un investimento: spendere ora per difendere Kyiv significa risparmiare domani per difendere Varsavia o Riga.
Un esempio chiaro lo ha dato il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, quando ha spiegato che il riarmo tedesco al 2 per cento del pil, pur in corso, richiederà anni per dispiegare effetti reali. L’Ucraina, invece, è già oggi un esercito addestrato, operativo, temprato sul campo, con capacità di guerra elettronica, difesa aerea e logistica che molti Stati membri faticano ancora ad avere. In altre parole: Kyiv supplisce oggi alle mancanze strutturali europee. I numeri dicono molto. Secondo i dati Nato, la Russia ha già perso più di 300 mila soldati tra morti e feriti, e oltre 10 mila mezzi corazzati. Ogni carro armato russo distrutto a Bakhmut è un carro armato in meno che potrebbe puntare verso i confini europei. Ogni missile abbattuto sopra Odessa è un missile in meno che potrebbe arrivare a colpire le infrastrutture energetiche polacche o lituane. Ogni giorno che l’Ucraina resiste è un giorno in più in cui l’Europa resta al sicuro.
Non si tratta solo di difesa fisica, ma anche di difesa politica. Se Putin riuscisse a conquistare Kyiv, la credibilità della deterrenza occidentale crollerebbe. Gli Stati baltici vivrebbero nell’incubo di essere i prossimi. La Polonia si ritroverebbe esposta a un confine diretto con l’esercito russo. E l’Europa, già fragile nelle sue dinamiche interne, si troverebbe a dover negoziare con Mosca da una posizione di debolezza. E’ per questo che dire che l’Ucraina è la difesa europea equivale a riconoscere che la nostra libertà dipende oggi da trincee fangose lontane da Bruxelles, ma vicinissime ai nostri destini. C’è poi una dimensione strategica. L’Unione ha avviato iniziative importanti – il Fondo europeo per la difesa, la Bussola strategica, l’accordo per aumentare la produzione di munizioni. Ma i risultati arriveranno lentamente. Per produrre un milione di proiettili d’artiglieria all’anno serviranno ancora due o tre anni. Nel frattempo, chi impedisce ai russi di avanzare?
L’esercito ucraino, che ogni mese spara circa 200 mila colpi, mantenendo la linea del fronte. Kyiv è, di fatto, il poligono su cui si misura la capacità europea di difendersi. Gli esempi si moltiplicano. La difesa aerea ucraina, con sistemi Patriot tedeschi, SAMP/T italiani e francesi, NASAMS norvegesi, ha abbattuto centinaia di missili russi, testando sul campo le integrazioni tecnologiche che l’Europa aveva solo teorizzato. Gli attacchi ucraini con droni a lungo raggio hanno colpito in profondità le raffinerie russe, riducendo la capacità di Mosca di finanziare la guerra con le esportazioni energetiche. Ogni innovazione che Kyiv mette in campo è un pezzo di guerra moderna che l’Europa può osservare, imparare e – in alcuni casi – replicare.
Infine, c’è il fattore umano. L’Ucraina ha mobilitato circa un milione di persone sotto le armi. Non c’è oggi nessun esercito europeo che possa disporre di simili numeri. La Germania ha 180 mila militari, la Francia poco più di 200 mila, l’Italia circa 170 mila. La sproporzione è evidente. L’Ucraina combatte con uomini e donne che non difendono solo il proprio paese, ma l’intera architettura europea di sicurezza. Quando dunque si dice che l’esercito ucraino è la vera difesa europea, non si compie un atto di idealismo. Si fotografa la realtà. L’Europa potrà raggiungere l’obiettivo del 2 per cento del pil per la difesa, potrà sviluppare capacità comuni, potrà coordinare meglio le proprie industrie. Ma tutto questo servirà se, nel frattempo, l’Ucraina avrà retto l’urto. Ecco perché la vera domanda che dovrebbero porsi i governi europei non è se valga la pena sostenere l’Ucraina, ma se ci rendiamo conto fino in fondo di quanto stiamo già beneficiando della sua resistenza. Il tempo che Kyiv ci compra con il suo sangue dovrebbe essere usato dall’Europa per costruire davvero la propria difesa. Non farlo sarebbe il più grande atto di irresponsabilità politica di questa generazione.


FOGLIO AI
La banalità del male in salsa Pd
