
Elly Schlein partecipa al corteo per la Flotilla a Roma (Ansa)
FOGLIO AI
La banalità del male in salsa Pd
Quando anche una deputata mite come Sara Ferrari rilancia lo slogan "Palestina libera dal fiume al mare", non è ingenuità ma un messaggio politico che evoca la cancellazione di Israele. Dopo Decaro e Parma, tocca a Schlein dire chiaramente se il Pd intende condannare la violenza verbale o restare prigioniero di slogan tossici
Non è un lapsus, non è un eccesso di retorica da piazza. Quando una deputata del Pd come Sara Ferrari — capogruppo nella commissione che si occupa di femminicidio, vicina a Elly Schlein — scrive o rilancia lo slogan "Palestina libera dal fiume fino al mare", non compie un gesto innocuo. È un atto politico. Quelle parole non fotografano solo il dolore di Gaza, ma evocano la cancellazione di Israele e dei suoi cittadini.
A colpire è che Ferrari, di solito considerata una figura mite, equilibrata, lontana da toni estremisti, abbia scelto di usare proprio quello slogan. Se anche persone così moderate finiscono per farsi portavoce di un linguaggio che riecheggia la retorica di Hamas, significa che nel Pd si sta diffondendo un virus tossico: la confusione tra solidarietà e istigazione. Non è la prima volta.
Nei giorni scorsi abbiamo visto lo stesso schema in altre figure di peso del partito: Antonio Decaro giovedì, un consigliere comunale di Parma martedì, membro della direzione dem. Non si tratta più di ingenuità isolate: emerge un filo conduttore.
Chi manifesta per Gaza ha il pieno diritto di denunciare le sofferenze dei civili, di chiedere corridoi umanitari e cessate il fuoco. Ma "dal fiume al mare" non è uno slogan neutro. È percepito da molti — e con ragione — come l’annuncio della fine di Israele. Banalizzare questo aspetto significa spostare il discorso politico dal terreno della pace a quello della cancellazione. E se a farlo è chi siede in Parlamento, chi rappresenta le istituzioni, l’errore diventa molto più grave.
C’è una responsabilità morale che non può essere elusa: un rappresentante democratico ha il dovere di misurare le parole. La sobrietà pubblica non è censura, è senso delle istituzioni. Un post, una storia, una bandiera non sono dettagli: in tempi di propaganda virale possono legittimare l’odio e alimentare pulsioni distruttive.
Ed è qui che entra in gioco la segretaria del Pd. Elly Schlein non può limitarsi a dire che “non era quello il senso”. Non può continuare a chiudere un occhio. Se vuole essere credibile, deve condannare esplicitamente la violenza verbale, respingere ogni messaggio che evochi la cancellazione di Israele, distinguere la difesa dei civili palestinesi dall’abbraccio tossico agli slogan di Hamas.
Il Pd ha davanti a sé una sfida enorme: restare credibile su diritti, sicurezza, geopolitica. Non può permettersi ambiguità. Perché banalizzare il male, trasformare in linguaggio politico la promessa di un annientamento, non è solo un errore morale: è un autogol che rischia di rendere la sinistra meno credibile proprio dove dovrebbe esserlo di più.