
Immagine generata con l'AI
Foglio AI
La Flottilla ha un guaio di nome Birawi. Il suo link con Hamas
Un’analisi basata su quattro dossier rivela il ruolo centrale di Zaher Birawi, figura legata a Hamas e alla Fratellanza Musulmana, dietro la Global Sumud Flotilla per Gaza. L’uso dell’intelligenza artificiale smonta la retorica umanitaria e mette a nudo le ambiguità politiche della missione
All’intelligenza artificiale, quella che i complottisti vedono come un’entità onnisciente e che invece, è stato affidato un compito preciso: studiarsi una pila di documenti che riguardano la Global Sumud Flotilla, la missione che ha provato a rompere il blocco su Gaza, e capire chi siano le persone che la organizzano davvero. Non i medici volontari né le star arrivate a farsi fotografare sul molo di Barcellona, ma i nomi meno spendibili in un comunicato stampa. Il convitato di pietra si chiama Zaher Birawi, e per arrivare a lui l’AI ha dovuto passare al setaccio quattro dossier.
Il primo documento è il rapporto intitolato “Global Sumud Flotilla: A Humanitarian Cover with Documented Links to Hamas and the Muslim Brotherhood” (settembre 2025). E’ un’analisi di intelligence che ricostruisce la struttura della flottiglia in tre assi — civile, internazionale e religioso — e ne evidenzia le connessioni con figure della Fratellanza e con leader di Hamas. In quelle pagine compaiono nomi come Yahia Sarri, imam algerino immortalato accanto a Bassem Naim e Osama Hamdan, e Saif Abu Kashk, arrestato in Egitto mentre guidava la “marcia verso Gaza”. E’ lì che si trova il filo che porta a Londra, alla rete del Palestinian Return Centre, e a Birawi. Il secondo documento è un rapporto di sintesi diffuso dal ministero israeliano della Diaspora e rilanciato dai media internazionali. Vi si elencano le presenze imbarazzanti sulle navi: attivisti che hanno partecipato a funerali di Hassan Nasrallah, membri di Samidoun (la rete vicina al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, bandita in vari Paesi), figure che hanno espresso sostegno agli attacchi del 7 ottobre. In mezzo a questo mosaico di biografie, il nome di Birawi torna come organizzatore e coordinatore, presidente del Comitato internazionale per rompere l’assedio e stratega della Freedom Flotilla Coalition. Il terzo documento è il bollettino 170-25 del Meir Amit Intelligence and Terrorism Information Center, datato settembre 2025. Qui l’analisi è più diretta: la flottiglia Sumud, partita da Barcellona il 31 agosto con venti imbarcazioni e oltre trecento attivisti, non nasce dal nulla ma si inserisce in una lunga catena di iniziative, dalla Mavi Marmara del 2010 alle navi Madeleine e Handala intercettate quest’estate. A guidarla, dice il rapporto, c’è proprio Zaher Khaled Hassan Birawi, definito “attivista Hamas–Fratellanza in Gran Bretagna”, con un passato in organizzazioni accusate di fungere da canali finanziari per Hamas. L’ITIC lo descrive come “figura centrale nell’organizzazione di convogli e flottiglie” e cita le sue stesse parole: non è importante arrivare a Gaza, è importante la battaglia mediatica. Il quarto documento è un file di ricerca compilato da centri accademici e think tank europei, che raccoglie articoli, fotografie, biografie degli attivisti coinvolti. Qui il focus è sulle zone grigie della flottiglia: il mix di ONG e sigle vicine a movimenti radicali, la commistione tra associazioni registrate come charity e comitati che organizzano spedizioni via mare, il sospetto che fondi raccolti in Europa possano finire in circuiti opachi. Birawi compare come punto di collegamento: l’uomo che in Occidente garantisce legittimità formale, ma che viene descritto nei dossier israeliani come militante di Hamas all’estero.
Alla fine dell’esercizio, il quadro che ne esce è nitido. Non si tratta di stabilire se a Gaza servano aiuti – è evidente che servono. Ma di chiedersi se la solidarietà internazionale abbia senso quando porta con sé figure come Birawi. Il rischio è duplice. Primo: offrire a Israele la pistola fumante per delegittimare ogni nave, riducendo il gesto civile a un’operazione di propaganda terroristica. Secondo: danneggiare la stessa causa palestinese, che perde credibilità quando a guidare il corteo ci sono personaggi compromessi.
La flottiglia vive di questa ambiguità strutturale: è insieme carico di medicine e strumento ideologico. E qui il ruolo dell’AI diventa utile: non per decidere chi abbia ragione, ma per mettere in fila i dati, togliere la patina retorica e mostrare le connessioni. Perché finché la Global Sumud Flotilla non affronterà apertamente il “caso Birawi”, ogni sua partenza sarà giudicata non per gli aiuti caricati a bordo, ma per i nomi che compaiono dietro la plancia di comando. E dunque la vera domanda non è se sia giusto mandare navi verso Gaza. La vera domanda è se si possa costruire una solidarietà credibile ignorando il convitato di pietra che da Londra continua a tenere i fili.