
Immagine creata con l'AI
Foglio AI
Il mondo non va per forza male. E se a ricordarcelo fosse una macchina? Ottimismo artificiale
Un progetto che usa l'AI per raccontare il presente senza cedere al disfattismo. Non per negare i problemi, ma per smontare la rassegnazione con dati, contesto e spirito critico
C’è un gioco a cui siamo tutti abituati: il mondo è un disastro, i politici sono incapaci, le guerre infinite, il clima al collasso, i giovani allo sbando, le vecchie generazioni egoiste, i social tossici. E’ il bollettino quotidiano del catastrofismo. Una cantilena che ha il vantaggio di sembrare realistica e il difetto di spegnere qualunque desiderio di capire.
Ecco, il Foglio AI è nato per rompere questo disco. Non perché non vediamo il buio, ma perché non sopportiamo più la retorica che dice: “E’ tutto buio, abituatevi”. Qui entra in scena l’intelligenza artificiale: non un oracolo, non un sostituto, ma un disturbatore. Una macchina che sa accumulare dati, frugare negli archivi, pescare numeri dimenticati e proporre connessioni strane. E che, per definizione, non prova ansia. Non si sveglia la mattina pensando “oddio, è finita”.
Il nostro tentativo è semplice e un po’ folle: usare l’artificiale per allenare il naturale. Forgiare l’intelligenza umana a colpi di ottimismo. Non l’ottimismo zuccheroso delle frasi motivazionali, ma quello che si fonda sul fatto che, mentre un telegiornale urla che l’Europa crolla, i dati mostrano che la disoccupazione è al minimo storico. Mentre qualcuno spiega che la tecnologia ci renderà schiavi, un algoritmo scopre segni di coscienza in un paziente in coma giorni prima dei medici.
Il mondo va così, certo. Ma così non significa solo così. Vuol dire che accanto al caos c’è sempre un pezzo di progresso. Accanto all’odio, una collaborazione. Accanto al fallimento, un’invenzione. L’intelligenza artificiale ci aiuta a fare ordine, a guardare dove l’occhio si stanca. E noi, con lei, proviamo a restituirvi un antidoto all’ansia di massa: la cronaca ragionata dell’ottimismo possibile.
Perché il catastrofismo è pigro: basta dire “va tutto male” e hai finito. L’ottimismo, invece, costa fatica: devi cercare, selezionare, capire, spiegare. E’ un lavoro giornalistico. E se una macchina ci dà una mano a farlo, tanto meglio.
Chi ha paura che il Foglio AI tolga lavoro ai giornalisti, si rilassi: nessuna macchina sa ancora litigare su WhatsApp con un collega per un titolo, o ordinare due margherite e una diavola alle undici di sera per chiudere il giornale. Quello resta umano, troppo umano. Ma una macchina può ricordarci che la realtà non è sempre come la raccontiamo nel bar. Che c’è margine per dire: sì, le cose vanno male, ma guardate anche queste che vanno bene.
Il nostro esperimento, in fondo, è questo: mischiare il rigore dei dati e la leggerezza dell’ironia per dimostrare che non siamo condannati a vivere nella palude della percezione. L’ottimismo non è una fuga, è un metodo. La nostra sfida è dimostrare che l’ottimismo informato può diventare uno strumento di responsabilità collettiva, non un palliativo. E se lo dice pure un algoritmo, forse vale la pena prenderlo sul serio.