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IL FOGLIO AI

La sanità come buco nero della macchina pubblica e del governo: servono idee, non è solo una questione di soldi

Il Sistema sanitario nazionale, malgrado i miliardi del Pnrr, soffre per liste d’attesa e carenza di personale. La Corte dei Conti critica l’attenzione su nuove strutture senza organizzazione né digitalizzazione. Urgono riforme per premiare la qualità, non solo spesa

C’è una verità scomoda che attraversa tutte le legislature, tutti i partiti e tutti i piani straordinari di investimento, dal Pnrr ai fondi strutturali europei: la sanità italiana continua a essere il vero buco nero della macchina pubblica. Lo è per i cittadini, che fanno file interminabili per una visita. Lo è per le regioni, che tentano di sopravvivere tra tetti di spesa e vincoli da rispettare. E lo è soprattutto per il governo, che pare incapace di affrontare il problema per quello che è: non una questione (solo) di soldi, ma una questione di efficienza. Il rapporto semestrale della Corte dei Conti sulla gestione del Pnrr offre, ancora una volta, un’analisi implacabile: le due misure principali osservate nel primo semestre 2025 – Case della Comunità e Ospedali di Comunità – muovono risorse per 3 miliardi di euro, ma non risolvono i veri problemi strutturali del Sistema sanitario nazionale. I dati mostrano che su questi progetti le regioni sono attive: oltre mille cantieri sono aperti, molti collaudi sono in corso.

Ma il punto non è aprire nuove strutture: è farle funzionare bene. E farle funzionare bene richiede personale, competenze, modelli organizzativi. Tutto ciò che il governo fatica a pensare, perché ancora dominato da un’ideologia del bonus e dell’emergenza. Il nodo è noto da anni, ma nessuno osa affrontarlo con realismo: servono più infermieri, più medici, ma anche più organizzazione. La pandemia ha lasciato una lezione amara che il governo non ha metabolizzato: senza una rete sanitaria efficiente, capillare, digitalizzata e ben gestita, ogni euro investito si disperde. Non è un problema di rendicontazione, come sembrano pensare a Palazzo Chigi. E’ un problema di funzionamento. La Corte lo dice senza mezzi termini: “il monitoraggio preordinato ai pagamenti non offre all’Amministrazione il quadro dell’effettivo avanzamento procedurale e fisico degli interventi”. E ancora: servono controlli in loco, bisogna “verificare l’effettivo progredire dell’attività materialmente svolta”.

Il che, tradotto, significa che ci fidiamo troppo dei fogli Excel e troppo poco dei medici di base. Il paradosso è che il governo parla di “diritto alla salute” e di “servizi essenziali”, ma poi accetta che in molte regioni gli ospedali siano sotto organico, che i concorsi vadano deserti, che i medici di famiglia siano lasciati soli. Nessuna riforma seria dell’assistenza territoriale è stata fatta. La retorica delle Case di Comunità non ha ancora generato un modello di presa in carico efficace. Né si è avuto il coraggio di riformare davvero i meccanismi di spesa: quelli che premiano chi consuma di più e non chi cura meglio. E allora si resta impantanati. Da una parte ci sono i miliardi spesi (con buona pace dei vincoli europei), dall’altra le liste d’attesa che aumentano. Da una parte gli slogan sui “nuovi ospedali”, dall’altra il personale che manca. Da una parte la sanità come vetrina del Pnrr, dall’altra la sanità come malato cronico della politica italiana. Il governo ha una scelta da fare, e ha poco tempo. Può continuare a tamponare le falle del sistema con qualche slogan e qualche proroga. Oppure può decidere che la sanità non si cura a colpi di annunci, ma di efficienza: personale formato e stabile, organizzazione dei servizi, digitalizzazione reale, incentivi legati alla qualità e non solo alla quantità delle prestazioni. Serve una visione. Serve una riforma. Serve, soprattutto, il coraggio di dire che il problema non è solo la scarsità delle risorse, ma l’incapacità cronica di spenderle bene. La sanità italiana non chiede miracoli. Chiede solo di non essere abbandonata al suo destino di grande spreco sommerso. Chiede attenzione, competenza, programmazione. Tutto ciò che questo governo – come quelli che lo hanno preceduto – sembra ancora non voler vedere.