
La rete non è gratis. E nemmeno neutra
Trasparenza sulle bollette: investire nella trasmissione elettrica costa
Nel dibattito sull’energia, l’attenzione si concentra quasi sempre su chi produce e su quanto costa produrre. Più raramente ci si interroga su chi trasporta quell’energia e su quanto il trasporto incida sulla bolletta finale. Eppure, in un sistema elettrico moderno, stabile, capace di accogliere una quota crescente di fonti rinnovabili, la rete gioca un ruolo cruciale. Senza una rete capillare, la transizione ecologica resta una dichiarazione d’intenti. Ma non può essere un tabù il fatto che anche la rete abbia un costo, e che quei costi siano aumentati nel tempo.
Negli ultimi anni, gli investimenti per potenziare le infrastrutture di trasmissione sono cresciuti in modo significativo, anche per far fronte alla necessità di connettere nuovi impianti da fonti rinnovabili e migliorare la resilienza del sistema. Di pari passo, sono cresciuti anche i ricavi regolati delle imprese che gestiscono il trasporto dell’energia. E’ il meccanismo classico del sistema regolato: più capitale investito, più remunerazione garantita. Nulla di illecito o scorretto. Ma è qualcosa che, in un contesto di rincari generalizzati e attenzione spasmodica alle bollette, va compreso meglio e spiegato con maggiore chiarezza.
Non è un mistero che la quota dei costi di trasmissione nella bolletta finale di un cliente domestico sia relativamente contenuta: circa il 4 per cento, che sale al 4,2 per cento se si considera anche il dispacciamento. E non è un mistero neppure che, rispetto ad altri paesi europei, le tariffe italiane risultino tra le più basse. Tuttavia, il nodo non è solo nel confronto internazionale, ma nel bilanciamento interno tra gli investimenti effettuati, i ritorni ottenuti e i benefici prodotti per il sistema nel suo complesso. Una rete che funziona meglio consente di ridurre i colli di bottiglia, integrare più facilmente le rinnovabili e abbassare, almeno in prospettiva, il costo complessivo dell’energia. Ma ogni euro investito oggi ha un impatto immediato sulle tariffe, mentre i vantaggi attesi si manifestano più avanti nel tempo. Da qui la necessità di trovare una misura, un ritmo sostenibile, e soprattutto una maggiore trasparenza. Anche perché, nel nome della transizione energetica, si rischia talvolta di giustificare qualsiasi spesa o decisione, senza un adeguato confronto pubblico.
Chi investe nella rete ma deve essere consapevole di essere sotto osservazione da parte dell’opinione pubblica. Le regole ci sono, così come esistono valutazioni ex ante dei piani di sviluppo. Ma serve anche una narrazione più matura e responsabile: non solo quella che celebra i risultati raggiunti, ma quella che spiega, che rende conto delle scelte, che si confronta apertamente con gli utenti.