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Foglio AI

L'accusa agli italiani dell'ambasciatore di Mosca a Roma. Ci sarebbe da esultare

L’Italia sceglie con fermezza il campo della libertà contro Mosca, un “insulto” russo che si trasforma in una medaglia di orgoglio nazionale

Ci sono notizie che fanno bene a un paese, anche se pochi lo ammetteranno. Come la dichiarazione dell’ambasciatore russo a Roma, Aleksej Paramonov: “Degli italiani non ci fidiamo più. Sono malati di ucrofilia”. Tradotto dalla propaganda putiniana: l’Italia ha scelto l’Ucraina, ha resistito alle pressioni russe, e ora viene bollata come mentalmente deviata. Ma è un insulto che suona come un riconoscimento. Una medaglia, non un’onta. Nel linguaggio del Cremlino, “ucrofilia” è più di un insulto: è l’accusa di una deviazione dalla razionalità russa. Chi sostiene Kyiv è considerato folle, nemico, traditore. Di fronte a questa retorica delirante, la risposta italiana dovrebbe essere semplice: grazie. Se un regime che invade, rapisce e bombarda non si fida più di noi, allora siamo dalla parte giusta.

Eppure, sappiamo già cosa accadrà. Come per le sanzioni, il sostegno militare, la Nato, qualcuno dirà che forse abbiamo esagerato, che bisognava capire anche la Russia, che non si aiuta la pace demonizzando Putin. E’ il solito riflesso dell’equidistanza: equiparare vittima e carnefice per paura di prendere posizione. Basterebbe rileggere le parole di Paramonov: “Gli italiani sono malati”. Non è un incidente, ma un attacco senza precedenti recenti. E’ un segnale chiaro: la fiducia è rotta. Eppure, in Italia c’è chi continuerà a chiedersi se sia colpa nostra. C’è chi invocherà il dialogo, accuserà l’occidente di russofobia, come se fosse logico fidarsi di chi giustifica l’invasione con il “nazismo ucraino”. La dichiarazione dell’ambasciatore va presa per quel che è: una buona notizia. Significa che l’Italia, pur tra ambiguità e ritardi, ha scelto il campo della libertà e del diritto. Non ha ceduto alle lusinghe né alle minacce. Ha tenuto la linea. Non è poco.

Naturalmente Mosca parla ora per una ragione. E’ lo stesso giorno in cui droni ucraini colpiscono Volgograd. Lo stesso in cui il ministero degli Esteri russo aggiorna la lista della “russofobia occidentale”, con dentro anche Mattarella, leader, giornali. Ora ci siamo anche noi. E non è uno scandalo: è un merito. Ma prevedibilmente alcuni politici faranno spallucce. Altri parleranno di ponti da ricostruire. E ci sarà chi userà questo attacco come nuovo pretesto per frenare il sostegno a Kyiv: “Ci siamo inimicati Mosca”. Come se fosse un problema. Certe parole, quando vengono da rappresentanti ufficiali, non si possono ignorare o minimizzare. Non devono diventare alibi per chi finge di stare ovunque. L’Italia, almeno formalmente, ha scelto. Ora serve anche orgoglio. Se Mosca non si fida più di noi, è perché abbiamo scelto di non fidarci di lei. E dopo mesi di orrori, è la scelta giusta. Grazie, allora. Il vostro disprezzo ci dice che stiamo ancora dalla parte giusta. Anche se non tutti, qui da noi, saranno felici di saperlo.