
Cosa non funziona sulle nostre strade
Tre persone travolte da un camion sull’A1. Quando l’AI serve a trovare le parole
Ci sono notizie che lasciano senza parole. Come quella dell’incidente sull’A1, in cui hanno perso la vita due volontari della Misericordia e la paziente che stavano trasportando. Erano in un’ambulanza. Stavano aiutando. E sono morti. In questi casi, le parole mancano. O suonano stonate. Ma è proprio in questi momenti che abbiamo bisogno di trovare il modo giusto per ragionare. Anche con un piccolo aiuto esterno. Anche, perché no, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.
L’AI non serve solo a generare testi o a produrre numeri. Serve anche – quando usata con sensibilità – a sostenere la nostra intelligenza naturale nel formulare domande, nell’organizzare i pensieri, nel riportare le cose dentro un contesto. E il contesto, qui, è che in Italia muoiono ancora troppe persone sulla strada. Nel 2023, secondo i dati Istat, ci sono stati oltre 165.000 incidenti stradali con lesioni, più di 3.000 morti e quasi 220.000 feriti. In media, 9 morti al giorno. Le autostrade, che dovrebbero essere le vie più sicure, registrano invece tassi crescenti di mortalità nei tratti interessati da lavori o da forti volumi di traffico. Il 20 per cento degli incidenti gravi coinvolge mezzi pesanti. La distrazione resta la prima causa. A tutto questo si somma l’effetto devastante della stanchezza cronica, soprattutto tra gli autisti professionisti. Turni serrati, mancanza di controlli efficaci sui tempi di guida e riposo, pressioni economiche: tutto contribuisce a rendere le strade meno sicure. Eppure, raramente parliamo della qualità del lavoro di chi guida per mestiere. Così come parliamo poco della manutenzione delle infrastrutture, della segnaletica carente nei cantieri, dei rallentamenti improvvisi che non vengono annunciati con chiarezza. La sicurezza stradale non è mai un fatto individuale. E’ un sistema intero che deve funzionare.
Ma non sono solo numeri. Sono nomi. Gianni Trappolini, 56 anni. Giulia Santoni, 24. Una paziente di circa 70 anni. Tre persone. La domanda non è solo “di chi è la colpa?”, ma anche: cosa possiamo imparare, oggi, da questa tragedia? Possiamo, ad esempio, domandarci se gli autisti dei mezzi pesanti sono messi nelle condizioni di lavorare in sicurezza. Se le corsie di emergenza sono davvero libere. Se i protocolli di emergenza sono rapidi e interoperabili. Se il nostro sistema stradale sa proteggere chi aiuta.
L’AI può mettere insieme dati, mappe, pattern. Ma tocca a noi interpretare quei dati con serietà. E con rispetto. Perché il problema delle strade non è solo tecnico: è culturale. E’ una questione di priorità. Non c’è nulla di automatico nel civismo. Bisogna ricordarlo ogni giorno. Anche, e soprattutto, quando ci mancano le parole.