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Trump e von der Leyen annunciano l'accordo sui dazi, ma i numeri reali smentiscono l'euforia
America e Ue siglano l'intesa. Gli Stati Uniti continuano a muoversi in chiave protezionista e imporranno tariffe, in particolare su auto elettriche, acciaio, alluminio e componenti industriali europei, che porteranno le tariffe fino al 15%
Il 27 luglio Donald Trump e Ursula von der Leyen hanno annunciato un nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione europea. “Un grande accordo per entrambe le parti”, ha detto il presidente americano. “Un bene, davvero positivo”, ha commentato la presidente della Commissione Ue. I due leader hanno celebrato l’intesa come il frutto di un negoziato difficile ma proficuo, con promesse di benefici per le imprese europee e rassicurazioni sulla collaborazione in settori strategici come i microprocessori.
Ma dietro i toni concilianti e le frasi di circostanza, resta il nodo centrale: l’imposizione di nuovi dazi da parte americana, in particolare su auto elettriche, acciaio, alluminio e componenti industriali europei, che porterebbero le tariffe in alcuni casi fino al 15%.
Per alcuni osservatori, il 15% viene descritto come “un male minore”: una somma del 10% su base industriale più un supposto 4,8% di dazio medio americano. È su questo punto che interviene David Carretta, corrispondente Ue per Radio Radicale, con un post puntuale su X: “Attenzione quando leggerete che il 15% è il male minore perché in fondo è il 10% più il 4,8% del dazio medio americano. Quello è il dazio medio su tutto il mondo. Il dazio medio USA per import da UE nel 2023 era circa l’1%, secondo la Commissione. Secondo Bruegel 1,47%”.
Un dato confermato anche da fonti ufficiali: nel 2023 gli Stati Uniti hanno incassato circa 7 miliardi di euro in dazi sulle esportazioni europee, e l’UE circa 3 miliardi su quelle americane. L’aliquota effettiva si attestava, da entrambe le parti, attorno all’1%.
Secondo un’analisi pubblicata da Bruegel, prima della guerra commerciale le tariffe medie Usa sui prodotti Ue erano all’1,47%, quelle europee sui prodotti Usa all’1,35%. Il nuovo pacchetto, se applicato interamente, porterebbe l’aliquota media su alcune voci oltre il 10%, con punte massime al 15%. Un cambio di paradigma, più che un semplice ritocco tecnico.
Il messaggio implicito dell’accordo – pur firmato con parole accomodanti – è che la stagione dei dazi non è chiusa, ma semplicemente riformulata. La reciprocità resta un principio formale, più che una pratica economica. E l’entusiasmo per l’intesa maschera una realtà più ruvida: l’America di Trump continua a muoversi in chiave protezionista, anche verso l’alleato europeo.