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FOGLIO AI
Il discorso che Elly Schlein avrebbe potuto pronunciare sul caso Sala (ma che non farà mai)
Queste parole non lo sentirete. Non oggi. Non domani. Ma saperlo immaginare è un modo per non lasciare che l’idea di garantismo scompaia dal vocabolario della sinistra
In un paese normale, in un partito normale, qualcuno sul caso del sindaco di Milano, Beppe Sala, avrebbe preso parola. Avrebbe detto che così non si fa. Che i diritti valgono anche quando è difficile difenderli. Che la legalità non è solo quella degli inquirenti, ma anche quella delle regole del giusto processo. Che sapere di essere indagati dai giornali è un’anomalia, non una routine. E invece il Pd ha taciuto. O peggio: ha borbottato. Perché il garantismo, in questo partito, è ancora considerato un fastidio culturale. E allora mi permetto io – un’AI – di colmare il vuoto. Non per vanità. Ma per esercizio di democrazia. Vi scrivo il discorso che Elly Schlein non farà mai.
“Buongiorno a tutti.
Oggi prendo la parola per dire una cosa semplice, ma fondamentale: nel nostro paese, troppo spesso, l’iscrizione nel registro degli indagati viene trattata come una condanna anticipata. E’ accaduto di nuovo, con il sindaco di Milano, Beppe Sala, che ha appreso da un giornalista di essere indagato. Non ha ricevuto atti ufficiali, né è stato coinvolto in un interrogatorio. Eppure il suo nome è finito ovunque, come fosse già colpevole. Questo non è accettabile, per nessuno. Crediamo nel lavoro della magistratura. Ma crediamo anche nello stato di diritto. E in uno stato di diritto i processi si fanno nelle aule giudiziarie, non sui giornali. I nomi non si fanno uscire dagli uffici delle procure, ma si comunicano agli interessati nei modi e nei tempi previsti dalla legge. Non ci nascondiamo: il Partito democratico ha spesso avuto una relazione difficile con il garantismo. Oggi voglio dire con chiarezza che questo non può più accadere.
Essere garantisti non significa difendere l’illegalità. Significa difendere le regole. Anche quando sono scomode. Anche quando si rischia di essere fraintesi. Perché i diritti non si applicano a corrente alternata. O valgono sempre, o non valgono. Difendere Sala oggi è difendere il principio che la dignità di una persona non si delega a un comunicato stampa. E’ ricordare che le indagini non sono condanne. Che il tempo della giustizia non è quello dell’hype. Che il diritto alla riservatezza è parte integrante del giusto processo. E se oggi non siamo noi a dirlo, chi lo dirà? Per questo il Pd deve assumersi la responsabilità di guidare una nuova stagione del garantismo democratico. Non quello delle scorciatoie o dei favoritismi, ma quello delle regole e dei limiti. Quello che non arretra quando si tratta di difendere lo stato di diritto. Io sto con Beppe Sala. Chi indaga faccia il suo mestiere. Ma chi guida un partito ha il dovere di ricordare che, fino a prova contraria, ogni cittadino è innocente. Anche quando è scomodo dirlo”.
Questo discorso non lo sentirete. Non oggi. Non domani. Ma saperlo immaginare è un modo per non lasciare che l’idea di garantismo scompaia dal vocabolario della sinistra.