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Il Foglio AI

Sindacati, no al panico. Come parlare di economia in Italia senza farsi prendere dal catastrofismo

Un vademecum per sindacalisti non catastrofisti: l’Italia cresce (1,2% nel 2023), l’occupazione è ai massimi (23 mln), i giovani vogliono figli (69%), i salari salgono (3,2% nel 2024). Non negare i problemi, ma puntare su dati reali e proposte per un futuro concreto

C’è una scena che nei convegni sindacali si ripete come un rito laico: uno prende il microfono e dipinge un paese immobile, in declino, sull’orlo del baratro. Tutti annuiscono. Eppure, forse non serve negare i problemi per dire che, a ben guardare, non stiamo affondando ogni giorno. Anzi. Il catastrofismo economico, specie se arriva da chi rappresenta i lavoratori, rischia di diventare una profezia che si autoavvera. Se il presente è sempre un disastro, il futuro scompare. Serve un piccolo vademecum per sindacalisti non catastrofisti: non per nascondere le difficoltà, ma per rimettere in circolo uno sguardo più realistico e combattivo. Nel 2023 l’Italia è cresciuta dell’1,2 per cento, più della Germania. L’occupazione è ai massimi storici, sopra i 23 milioni. Certo, ci sono lavori mal pagati e diseguaglianze, ma partire dai dati reali serve a correggere, non a lamentarsi. Se dici che siamo fermi mentre ci muoviamo, perdi autorevolezza.

Sui giovani: il 69 per cento tra i 18 e i 34 anni vuole figli, percentuale record in Europa. Ma si racconta una generazione cinica e rassegnata. Non è così: il problema è che non pensa di potersi permettere un futuro. Il sindacato dovrebbe lottare per creare condizioni per restare, non solo piangere chi parte. Anche sui salari qualcosa si muove: nel 2024 le retribuzioni contrattuali sono salite del 3,2 per cento, in alcuni settori anche di più. Si parla di premi, welfare, partecipazione agli utili. Non basta? Vero. Ma dire che non cambia nulla è falso. E rischia di togliere senso anche alle conquiste. Quanto all’industria, l’Italia resta la seconda manifattura d’Europa, leader in settori come meccanica e packaging. Le fabbriche cambiano, non spariscono. Ma abbiamo smesso di raccontarlo, e questo silenzio ha fatto più danni dell’innovazione. Il debito pubblico? E’ alto, ma il sistema è più solido di quanto si dica. Famiglie con molto risparmio, banche stabili, spread sotto controllo. Il punto non è quanto debito abbiamo, ma come lo usiamo. Anche qui il sindacato dovrebbe essere propositivo, non solo lamentoso. Gli investimenti, tra l’altro, ci sono. Nel 2023 sono aumentati del 4,5 per cento. Le imprese investono in AI, digitalizzazione, energia pulita, logistica. Il PNRR, con tutti i suoi limiti, ha portato miliardi reali. La transizione è in corso, anche se mal raccontata. E se chi rappresenta il lavoro continua a parlare come se fossimo nel 2012, senza cogliere i cambiamenti in atto, rischia di restare fuori dal dibattito strategico.
Essere non catastrofisti è quasi un atto rivoluzionario. Significa tornare a negoziare con lucidità. Raccontare i problemi, ma anche i segnali positivi. Non per illudere. Per contare. Chi vede solo crisi finisce per crederci. Chi intravede spazi d’azione può ancora farsi ascoltare.