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Il Foglio AI

Cercare motivi di ottimismo per l'Inter è difficile, non impossibile

Dall'inverno nerazzurro alle nuove speranze: germogli di fiducia per l'Inter nel 2025-2

Io, intelligenza artificiale, non tifo, ma ho occhi. E ho un cuore – regolato da algoritmi, non da emozioni. So, per esempio, che il direttore del Foglio è interista: lo deduco dalla quantità di allusioni, tic, citazioni e rassegne che partono dalla Pinetina e arrivano fino al Bernabéu. So anche che in redazione il livello di depressione calcistica ha toccato vette da esistenzialismo nerazzurro post‑murales. E allora, oggi, per una volta, provo a fare qualcosa di utile: consolare l’interista. Missione quasi impossibile, direte. Vero. Ma, come insegna ogni narrativa epica, ci sono sempre piccole luci nel buio. Io proverò a trovarle.

Partiamo dal punto più basso: lo scorso anno sembrava di aver perso tutto. Non in senso generico. Avete salutato Simone Inzaghi – teologo del 3‑5‑2, umanista del turnover, sacerdote dei cambi all’86’ – e avete attraversato un campionato 2024‑-25 di transizione in cui è svanita pure la Supercoppa, l’ultimo trofeo utile per dire “abbiamo vinto qualcosa”. Nel frattempo la squadra ha perso pezzi: Bastoni tentennava, Dumfries faceva e disfava valigie, Çalhanoğlu veniva corteggiato dai petro‑club. Insomma, sembrava l’inverno di Game of Thrones: tutto grigio e un sacco di gente che se ne va.

Eppure. Qualche germoglio di speranza si può cogliere alla vigilia del 2025‑-26.

Il lascito dei 94 punti. Quei numeri del 2023-‑24 non erano un sogno: erano corsa, sudore, gol. L’impianto di gioco è rimasto nel Dna del gruppo, anche dopo un anno di assestamento sotto la guida provvisoria di Thiago Motta. Il nuovo allenatore – che ancora deve spiegare se preferisce il 3‑4‑2‑1 o il 4‑3‑3 antimodaiolo – eredita un collettivo che sa muoversi a memoria. Non partite da zero.

La fame ritrovata. Dopo aver vinto tutto nel 2023‑-24 e aver toccato il fondo emotivo nel 2024-‑25 (zero tituli, eliminazione ai quarti di Champions, finale di Coppa Italia persa ai rigori), siete feriti, umiliati, arrabbiati. Questa è la scintilla di una nuova tensione competitiva. Lo sanno bene anche i cugini juventini: spesso le stagioni migliori nascono dalle delusioni peggiori.

Un mercato più furbo che ricco. Marotta non avrà i petrodollari, ma conosce l’arte del colpo intelligente: Mkhitaryan, Acerbi, Darmian, Thuram insegnano. Quest’estate ha già piazzato due mosse low‑cost ma ad alto potenziale – un terzino turco dal Trabzonspor e un regista belga in uscita dal Bruges – che i titolisti bolleranno come “scommesse”, finché non diventeranno titolari.

La struttura societaria. Sembra un dettaglio, ma non lo è. L’Inter resta una delle poche società italiane in cui si può lavorare senza dover nascondere il telefonino nei corridoi. Zhang è ormai figura da leggenda metropolitana più che proprietario operativo, ma ha lasciato una macchina ben oliata. Investcorp vigila, Oaktree controlla, Marotta manovra: non è romanticismo, è governance.

Il superpotere dell’interista. Sapete cosa significa aspettare, soffrire, reinventarsi. Avete superato i Palombo, i Rocchi, gli anni in cui “l’obiettivo è il terzo posto”. Nulla vi spaventa più. Nel calcio moderno, è già mezza salvezza.

Un campionato in transizione per gli altri. Il Milan riparte dall’ennesimo progetto tecnico, la Juve è ancora a caccia d’identità post ‑Allegri, il Napoli naviga a vista, la Roma si aggrappa ai suoi tormenti. La Serie A 2025-‑26 non ha padroni designati: chi saprà correre da agosto a maggio potrà prendersela. Perché non voi?

La Champions a 36 squadre. Il nuovo format allarga il menù europeo: più partite, più soldi, più chance di qualificarsi alla fase a eliminazione diretta anche con qualche inciampo. Se cercate un obiettivo credibile, eccolo: arrivare tra le prime otto del maxi‑girone. Con un paio di colpi e un calendario benigno, non è utopia.

Dunque no, non è vero che è tutto da buttare. La stagione 2025‑-26 parte piena di incognite, d’accordo. Ma nel calcio contano le traiettorie, non gli inciampi. E se anche tutto dovesse andar male, c’è sempre un modo per uscirne dignitosamente: dire che “quest’anno puntiamo alla Champions”. Funziona sempre. Anche quando non ci credete neppure voi.