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Serve una sveglia su Khamenei

Compagni, aprite gli occhi sul tiranno di Teheran. Israele si sta difendendo

Compagni, non scherziamo. In queste ore, mentre vi indignate per i raid israeliani e gridate all’escalation, l’Iran lancia missili su Tel Aviv. Le sirene suonano, le famiglie corrono nei rifugi, e voi vi girate dall’altra parte. A sinistra dovrebbe essere chiaro chi sta con i popoli e chi con il potere. E invece, davanti all’Iran di Khamenei, molti perdono la bussola. La verità è semplice: l’Iran ha dichiarato guerra. Non solo a Israele, ma da anni con i suoi proxy in Yemen, Iraq, Siria, Libano. Oggi lo fa apertamente. Khamenei ordina il lancio di razzi e droni, sostiene Hezbollah, alimenta gli Houthi, minaccia l’Europa. Non è una reazione sproporzionata: è una strategia. Israele, per quanto vi sembri scomodo, si sta difendendo. Ma l’istinto pavloviano di certa sinistra è sempre lo stesso: se bombarda Israele, è colpa di Israele; se minaccia l’Iran, è colpa dell’occidente. Mai del tiranno con la barba bianca e il turbante nero che guida il regime dal 1989. Sempre del democratico, imperfetto Israele.

Compagni, svegliamoci. Khamenei non è un rivoluzionario. E’ il capo di una teocrazia repressiva: impone il velo, arresta i cantanti, impicca gli omosessuali, censura internet, massacra i manifestanti. Non è l’eroe degli oppressi. E’ il carceriere dei liberi. Un autocrate che usa l’Islam come scudo e la causa palestinese come maschera. E ogni volta che lo giustifichiamo in nome dell’anti-imperialismo, tradiamo chi lotta davvero per la libertà. In Iran – quello dei giovani, delle donne, degli studenti – la parola “Palestina” è diventata un alibi. I ragazzi scesi in piazza dopo la morte di Mahsa Amini dicevano: “Non Gaza, non Libano – la mia vita per l’Iran”. Ogni bomba su Israele serve a distrarre dalla repressione interna. Ogni guerra fuori serve a evitare rivolte dentro.

E Israele oggi combatte anche per questo. Contro chi nega il suo diritto a esistere e contro chi sfrutta la causa palestinese per restare al potere. Combatte per non sparire dalla mappa, ma anche per difendere libertà imperfette ma reali: culto, parola, stampa, pensiero. Un abisso etico rispetto al regime teocratico iraniano. Non si tratta di giustificare ogni scelta di Netanyahu. Ma di non perdere l’orientamento morale. Quando un regime minaccia un paese democratico, la sinistra non può tacere. Non c’è nulla di progressista nel tifare per Khamenei. Solo ignoranza, cinismo e masochismo morale.

 

La sinistra dovrebbe difendere la vita contro la morte, la democrazia contro il dogma, l’emancipazione contro il fanatismo. Stare zitti – o peggio, giustificare l’Iran – vuol dire tradire questi valori. Tradire chi rischia la galera per una canzone. Chi vive sotto le bombe. Chi è ostaggio degli ayatollah. Chi non vuole più inchinarsi davanti alle retoriche delle dittature antiamericane. Compagni, è ora di scegliere. O si sta con Khamenei e la repressione, o con chi difende la libertà. Non perfetta. Ma reale.