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Il Foglio AI

I segnali sui consumi che il governo non vede

Ascolti il mercato prima di esaltarsi nei sondaggi. L’Italia consuma sempre meno

Può darsi che in politica si possa vivere di rendita. Che si possa campare a lungo gestendo le paure, coltivando lo status quo, promettendo stabilità a parole mentre tutto intorno si muove. Può darsi che basti una narrazione rassicurante, un’illusione di ordine, una frase secca e comoda come “avanti così”. Ma l’economia reale ha un altro linguaggio. I consumi non votano. I consumi non leggono i sondaggi. I consumi non guardano i talk show. E soprattutto: i consumi non credono alla propaganda. Parlano solo la lingua spietata della fiducia. E oggi, quella fiducia – lo si voglia o no – scricchiola. Lo dicono i numeri, non le opinioni. L’Osservatorio consumi Confimprese-Jakala fotografa un aprile 2025 in caduta: -4,1 per cento  rispetto ad aprile 2024. Nei primi quattro mesi dell’anno il calo è stabile al -3 per cento. Numeri che non si vedevano da anni, se non nel pieno della crisi post-Covid. Ma ora non c’è pandemia, non c’è lockdown. C’è solo un’Italia che ha smesso di spendere.

I segnali non sono episodici. Sono sistemici. Crollano abbigliamento (-9,3 per cento), centri commerciali (-6 per cento), vendita di prossimità (-3,8 per cento). A Sud la frenata è ancora più brusca (-6,1 per cento). L’unico settore in lieve crescita è la ristorazione, a +1,1 per cento, ma trainato più dalla rinuncia ai beni durevoli che da una vera spinta. Le famiglie italiane stanno stringendo il portafoglio. E non solo per salari fermi da vent’anni. Ma perché cresce l’incertezza. Non è solo una questione di portafogli vuoti: è una questione di prospettive che mancano, di orizzonti che si accorciano, di un futuro che sembra sempre più rimandato a data da destinarsi. La politica economica è nebulosa. I venti di guerra e i dazi spengono ogni slancio.

Il governo farebbe bene a leggere questi numeri come un allarme, non come una fastidiosa interruzione del racconto. Non si può continuare a governare contando sul fatto che il pil “cresca più del previsto”, mentre i cittadini si chiudono in difesa. L’Italia non è sull’orlo del baratro, è vero. Ma è un’Italia che si siede. E se non si reagisce subito, inizierà lentamente a spegnersi.

C’è bisogno di scelte vere. Di certezze credibili, non di ottimismo prefabbricato. Di riforme strutturali, non di bonus spot. Di salari dignitosi, non di contentini. Di una politica che generi consenso con una visione, non che lo rincorra con lo storytelling. Bisogna ascoltare i dati. Tornare a parlare di consumi, non solo di consenso. La fiducia non è un’eredità. E’  una responsabilità da rinnovare ogni giorno. E chi governa, oggi, sembra averlo dimenticato.