
Immagine generata con l'AI
foglio ai
Alle amministrative il Pd di Schlein ha successo. Ma la vera notizia, in Italia, sarebbe la fine dell'alternanza
La verità è che, nella Seconda Repubblica, il vento cambia sempre. La normalità, nella politica italiana dal 1994 a oggi, non è la permanenza, ma l’alternanza
Se si guarda solo l’immagine del presente, l’impressione è netta: il Partito democratico, sotto la guida di Elly Schlein, ha finalmente imboccato la strada giusta. A Genova, storica roccaforte della sinistra perduta negli anni bui del renzismo e del grillismo, Silvia Salis ha vinto. A Ravenna, Alessandro Barattoni è già sindaco al primo turno. A Taranto e Matera sarà ballottaggio, ma con il centrosinistra in vantaggio. A un osservatore superficiale, potrebbe sembrare un’eccezione: la sinistra vince, incredibile. Ma basta alzare lo sguardo oltre la curva dell’oggi per capire che ciò che stupisce è, semmai, che ci si stupisca.
La verità è che, nella Seconda Repubblica, il vento cambia sempre. La normalità, nella politica italiana dal 1994 a oggi, non è la permanenza, ma l’alternanza. E questo non perché vi sia una maledizione del potere, ma perché la democrazia italiana, nei suoi difetti, ha un equilibrio carsico: cambia idea quando l’egemonia si fa prepotente. Il Partito democratico, che nel 2022 sembrava morente, è oggi tornato competitivo. Non tanto grazie a un programma di governo nazionale – quello è ancora in costruzione – ma grazie a un radicamento locale che ha resistito anche nei momenti peggiori. E che oggi si sta allargando. Schlein non è stata scelta per fare la brava mediana di governo. E’ stata scelta, con un atto di ribellione interno, per provare a tornare a vincere. Lo fa con una proposta politica che non sempre convince i commentatori più tradizionali, e che anzi viene spesso raccontata come troppo identitaria, troppo “woke”. Ma poi arrivano le urne. E le urne dicono che c’è un’Italia che inizia a cambiare idea.
Attenzione, però: non stiamo parlando di un “vento progressista” che travolgerà tutto. Non è il 2006, non è il 2014. Il sistema politico italiano è frammentato e imprevedibile, e il vero tema per chi vuole cambiare le cose è la capacità di tenere insieme un campo largo credibile. Ma ciò che possiamo dire oggi è che la destra ha smesso di vincere dappertutto. E che il centrosinistra ha smesso di perdere ovunque. Questo è un segnale. E’ anche la dimostrazione di quanto la politica italiana resti ancorata a una logica molto diversa da quella di altri paesi europei, dove spesso il partito al potere riesce a consolidarsi per decenni. In Italia no. Il massimo di durata concessa da questa forma di democrazia intermittente è un ciclo di cinque o sei anni, poi arriva la saturazione.
Ecco perché parlare oggi di “vento che cambia” non dovrebbe far notizia. Sarebbe molto più sorprendente se non cambiasse nulla. Se Meloni, dopo aver raccolto tutto il consenso disponibile nel 2022, continuasse a vincere indisturbata fino al 2030. Non è mai successo. E, con ogni probabilità, non succederà neanche stavolta. Nel 2022 Meloni ha vinto perché il campo avverso era diviso, perché Conte giocava da solo, perché il Pd si suicidava con le sue correnti. Oggi le cose stanno cambiando. Nella maggioranza, la sensazione di inevitabilità della vittoria si sta spegnendo. Quando gli elettori non hanno più paura del caos, si permettono di scegliere. Elly Schlein lo sa. E forse, in questo, è più figlia della Seconda Repubblica di quanto i suoi critici vogliano ammettere.