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La storia di Leone XIV spiegata ai sovranisti
Il nuovo Papa incarna una genealogia multiculturale che sfida i dogmi dell'identitarismo sovranista: tra scandali familiari, origini siciliane, sangue creolo e migrazioni transoceaniche, la sua storia personale diventa un paradosso vivente per chi usa la religione contro le contaminazioni
C’è un Papa che viene da Chicago, ma anche da Milazzo. Che discende da una nonna creola di New Orleans, ma anche da un usciere comunale della Messina ottocentesca. C’è un Papa che porta un cognome preso in prestito, nato da una relazione illecita, da un triangolo amoroso, da un arresto per “condotta sconveniente” nell’Illinois del 1917. E che oggi fa impazzire le destre identitarie, i difensori delle radici cristiane d’Europa, i cacciatori di migranti con la croce d’oro sul petto. Papa Leone XIV è l’incubo genealogico perfetto per i sovranisti anti-immigrazione.
Lui si chiama Robert Francis Prevost, e fino a pochi giorni fa era un cardinale agostiniano in servizio tra Roma, Chicago e il Perù. Ora è Leone XIV. Ed è anche il risultato in carne e ossa di tutto quello che un populista duro e puro direbbe essere “il fallimento dell’identità”. I suoi nonni paterni, racconta il New York Times, furono protagonisti di uno scandalo d’epoca nella Chicago del primo dopoguerra. Salvatore Giovanni Riggitano, nato a Milazzo nel 1876, sposò nel 1914 una certa Daisy Hughes, ma tre anni dopo fu arrestato con l’accusa di intrattenere una relazione con Suzanne Fontaine, una giovane francese. Il giornale Quincy Daily Herald titolò con prurito: “Riggitano a Triangle”. Alla fine, Riggitano e Fontaine si ricostruirono una vita: lei andò in Canada, poi a Detroit, poi a Lackawanna, e lì diede alla luce John Centi Prevost. Il nome? Quello della madre. L’uomo? Il nonno del Papa. La nonna? La donna “illegittima”.
Ma la linea materna del futuro Papa riserva una sorpresa ancora più difficile da incasellare per chi sogna blocchi navali. Robert Prevost ha anche sangue creolo afroamericano. La scoperta, già emersa mesi fa, ha entusiasmato New Orleans: i discendenti degli schiavi liberati, mescolati alla nobiltà decaduta francese, rivendicano con orgoglio la loro parte nel Dna del primo Papa americano e globale: siculo-franco-creolo-illinoisano.
Per i militanti dell’identità – soprattutto quelli che hanno fatto della religione un’arma contro le contaminazioni – è un rompicapo. Come si fa a difendere il cristianesimo tradizionale se il Vicario di Cristo nasce dalla disobbedienza e dall’amore che rompe le regole? Come si grida “prima i nostri” se il Papa è il frutto di chi ha sfidato i propri? Come si tuona contro i flussi migratori se il pontefice, con la sua tonaca bianca, è il nipote di un clandestino genealogico?
Dopo la “Rerum Novarum” di Leone XIII, Leone XIV potrebbe oggi scrivere un’enciclica sulle “Rerum Migrantium”: sulla forza morale dell’erranza, sullo splendore teologico dell’intreccio, sul diritto cristiano a cambiare nome, paese e vita. E a chi gli chiederà se non si vergogna di avere un nonno bigamo, una nonna clandestina, un bisnonno creolo, lui potrebbe rispondere: è scritto nel Vangelo che “gli ultimi saranno i primi”. Il suo albero genealogico ne è la prova.