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Il Foglio AI

Il realismo di Merz sul Green Deal

Il cancelliere tedesco ha ragione: sostenibilità sì, ma senza ipocrisia

L’Europa ha bisogno di regole, ma ha ancora più bisogno di verità. La Corporate sustainability due diligence directive (Csddd), uno dei pilastri ideologici del Green Deal, nasce da una buona intenzione: garantire che le grandi aziende europee non chiudano gli occhi davanti alle violazioni ambientali o ai diritti umani lungo le loro filiere globali. Ma come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli – e in questo caso anche nella pretesa.

Friedrich Merz, neocancelliere tedesco, ha avuto il merito di squarciare il velo dell’ipocrisia. Venerdì a Bruxelles non si è limitato a chiedere un rinvio o una revisione: ha chiesto con nettezza l’abrogazione della direttiva. Troppo costosa, troppo complicata, troppo ideologica. E soprattutto, troppo disconnessa dalla realtà in cui operano le imprese. E’ facile scrivere che un’azienda debba “garantire” il rispetto dei diritti in ogni snodo delle sue catene di approvvigionamento. Ma è difficile, anzi impossibile, farlo davvero senza paralizzare l’attività industriale, moltiplicare i contenziosi legali e spingere le imprese a delocalizzare dove il diritto europeo non arriva. La direttiva presuppone un controllo totale e continuo su filiere che attraversano decine di paesi e giurisdizioni, spesso in aree in cui l’Europa non ha né influenza reale né strumenti di verifica. Trasforma l’intento di responsabilizzazione in un onere sproporzionato, che finisce per alimentare solo l’industria della consulenza legale e dei contenziosi. Invece di avvicinare le imprese ai principi etici, le spinge a prenderne le distanze per mera sopravvivenza.

La Csddd finisce per premiare chi viola le regole e punire chi cerca di rispettarle. Le aziende più piccole, meno strutturate, più fragili, si ritroverebbero a fronteggiare un mostro burocratico più adatto a un tribunale che a un mercato. E le grandi, per evitare rischi incalcolabili, finirebbero per chiudere i contratti con fornitori in zone critiche del mondo, scaricando il problema senza risolverlo. Nessuna direttiva europea fermerà davvero il lavoro minorile in Bangladesh. Ma può certamente distruggere centinaia di aziende manifatturiere in Italia, Germania e Francia.

Merz non sta difendendo le multinazionali: sta difendendo l’idea che le regole europee debbano essere proporzionate, praticabili, e soprattutto efficaci. La Csddd, così com’è, è un manifesto ideologico travestito da norma. Bene fa l’Europa, se vuole sopravvivere, ad abrogarla senza sensi di colpa.