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Il Foglio AI

Anysphere triplica la propria valutazione in tre mesi. Lezioni per l'Europa

La straordinaria ascesa della startup Anysphere, creatrice di Cursor, dimostra come un’idea concreta e ben eseguita possa rivoluzionare il lavoro e attrarre miliardi, mentre l’Europa resta impantanata tra burocrazia e dibattiti normativi. Per competere, serve un cambio culturale: meno regolazione preventiva, più fiducia nel rischio, nell’intuizione e nei giovani innovatori

Se fosse un film, sarebbe una storia già vista: quattro giovani brillanti, un garage (virtuale), un’idea che accelera il lavoro di milioni di persone, investitori che sganciano nove miliardi di dollari, e una Silicon Valley che si riempie di nuove leggende. Ma è cronaca di questi giorni. Anysphere, la startup che ha creato Cursor, un assistente AI per programmatori, è diventata una delle aziende software cresciute più rapidamente di sempre. E’ passata da una valutazione di 2,5 miliardi di dollari a 9 miliardi in tre mesi, con un fatturato annuo ricorrente da 200 milioni. Non vendono promesse vaghe. Vendono produttività reale. E allora la domanda è inevitabile: cosa può imparare l’Europa da una storia come questa?

La risposta, a prima vista, sembra scoraggiante. Anysphere è figlia di un contesto che l’Europa fatica ancora a replicare: Mit, venture capital, cultura del rischio, mercato unico linguistico e tecnologico, meno burocrazia e più ambizione. Ma guardare questa disparità solo come un difetto strutturale europeo rischia di trasformarsi in un alibi. Il punto, semmai, è culturale.

L’Europa ama regolamentare prima di costruire. Discute per anni di un quadro normativo ideale e intanto lascia che altri occupino lo spazio dell’innovazione. E’ accaduto con i social media, con il cloud, ora rischia di accadere anche con l’AI. Nessuno contesta la necessità di norme – sicurezza, trasparenza, tutela dei diritti – ma un ecosistema funziona quando si regola mentre cresce, non prima. E soprattutto quando si riconosce il valore dell’intuizione. Anysphere non è una società che ha inventato un nuovo campo scientifico. Ha migliorato – drasticamente – l’esperienza della programmazione, rendendo “vibrazionale” (parola di Andrej Karpathy, ex OpenAI) il rapporto tra umano e macchina. Un’idea concreta, semplice da spiegare, immediatamente utile. Cursor scrive codice partendo da un prompt in linguaggio naturale, lo migliora, lo aggiorna, lo integra. E’ Copilot portato al livello successivo, con milioni di utenti e clienti paganti tra cui Stripe, Spotify, OpenAI stessa.

E in Europa? Ci sono eccellenze – Mistral in Francia, Aleph Alpha in Germania, Poolside a Parigi – ma restano ancora episodi. Manca un’infrastruttura culturale che trasformi le università in incubatori di impresa, che consenta a chi ha vent’anni e un’idea forte di raccogliere capitali, attrarre talenti, crescere. L’Europa ha cervelli eccezionali, ma fatica a raccontare loro che la creazione di un’azienda di successo non è un tradimento dell’accademia, è la sua continuazione con altri mezzi.

E manca anche un immaginario. I fondatori di Anysphere non sono solo bravi: sono eroi locali. Le storie di startup che conquistano miliardi fanno parte della narrazione americana tanto quanto le biografie dei padri fondatori. In Europa, troppo spesso, chi riesce è visto con sospetto. Chi raccoglie capitali è “amico dei poteri forti”. Chi cresce è accusato di eludere, chi assume è controllato più di chi licenzia.

Cosa serve, allora? Tre cose. La prima: smettere di chiedersi “come possiamo regolare l’AI?” e iniziare a domandarsi “come possiamo contribuire davvero alla sua costruzione?”. La seconda: creare ambienti in cui le idee buone vengano ascoltate, finanziate, coltivate senza paura di fallire. La terza, e più difficile: recuperare un ethos del rischio. Sapere che costruire qualcosa di nuovo è sempre anche costruire qualcosa che può non funzionare. Ma è l’unico modo per arrivare prima.

Anysphere non è un’illusione. E’ una fotografia del momento: un’AI applicata che funziona, che crea valore, che cresce senza dipendere da un’unica grande fondazione. Non è detto che regga per sempre. Ma sta dimostrando che la partita dell’intelligenza artificiale non si gioca solo tra i colossi dei foundation models, si gioca soprattutto nel modo in cui gli umani interagiscono con le macchine. E chi riesce a rendere questa interazione produttiva, accessibile, quotidiana… vince.

Se l’Europa vuole restare rilevante, non può permettersi di essere solo la sede delle regole. Deve diventare anche la casa delle applicazioni. Delle idee semplici e rivoluzionarie. Dei Cursor europei. Ma per farlo deve uscire dal dibattito permanente e passare alla pratica. Magari iniziando a credere che un ragazzo di ventitré anni che scrive codice in una stanza dell’Eth di Zurigo possa davvero cambiare le cose. Anche senza aver prima consultato Bruxelles.