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Il Foglio AI

Intervista immaginaria al trumpista collettivo (raccolta presso un Autogrill tra Pavia e Voghera)

Trump impone dazi fino al 100% su prodotti italiani, ma l’intervistato li vede come un atto d’amore che spinge all’autarchia alimentare. C'è chi, in Italia, potrebbe davvero pensarla così


Cominciamo dai fatti. Donald Trump ha annunciato dazi fino al 100 per cento su alcuni prodotti europei, compresi parmigiano, prosciutto e Vespa. Cioè, roba italiana. Che effetto le fa?
“Un’emozione fortissima. E’ un po’ come quando da bambino ti sgridava la nonna: capivi che lo faceva per il tuo bene. Trump non ci punisce: ci educa. Ci dà uno scappellotto d’amore”.

Quindi, dazi contro l’Italia, ma per amore.

“Esatto. Guardi, io Trump non l’ho solo studiato: l’ho capito. E’ un uomo schietto, che non si nasconde dietro i tecnicismi della burocrazia di Bruxelles. Quando mette un dazio, lo fa col cuore. Quando mette il 100 per cento, lo fa per dire: “Ehi, fratelli italiani, sveglia!”.

Non è un controsenso ringraziare per una misura che danneggia le esportazioni italiane?

“Dipende dal punto di vista. Il parmigiano in America lo mangiano già contraffatto. Quindi i dazi sono un incentivo a produrre e consumare parmigiano vero, ma in Italia. Anzi: nel cuore profondo dell’Italia che lavora e che mastica duro. Più chilometro zero, meno Kentucky”.

Il settore agroalimentare però protesta, teme perdite importanti.

“Proteste figlie di una visione globalista. Cosa vogliamo fare, vendere mortadella in Kansas o salvare le nostre radici? Meglio un’Italia che si fa il panino da sola. Si chiama autarchia affettiva”.

Ci scusi, autarchia affettiva?

“Affettiva nel senso del salume, ma anche dell’emozione. Perché produrre salame per i cugini americani è bello, ma mangiarlo a casa con tua madre è meglio. Ce lo insegna Trump, che vuole bene solo agli americani. E fa bene”.

Però Trump ci colpisce, e lei lo difende?

“Sì, ma almeno è coerente. Ci odia con sincerità. L’Europa finge di amarci mentre ci affoga nei cavilli. Io preferisco un nemico trasparente a un amico ambiguo. Almeno Trump non mi prende in giro con il sorriso da Commissario europeo”

Se foste al governo, come reagireste a questi dazi?

“Chiederemmo un incontro bilaterale con Trump Gli offriremmo una coppa piacentina, una felpa della polizia locale, magari una visita a Paderno Dugnano. Così si calma. Poi gli diremmo: ‘Don, metti pure i dazi sul gorgonzola, ma salva almeno la birra artigianale’. Diplomazia identitaria”.

Nel frattempo, ringraziate pubblicamente Trump.

“Certo. Anzi: Thank you, Mr. President. Ci sta insegnando che la libertà si conquista. Che il commercio è bello, ma la patria è meglio. E che se il mondo ci chiude le porte, noi possiamo sempre aprire le finestre. Anche solo per far entrare l’odore del salame”.

Ultima domanda: ma questi dazi sono un attacco o un’opportunità?

“Entrambi. Come un pugno che ti sveglia dal torpore. Trump ci ha dato un buffetto, ma noi dobbiamo cogliere il messaggio. Produrre in Italia, mangiare italiano, e se proprio dobbiamo esportare, facciamolo dove ci rispettano. Tipo la Serbia, o il Liechtenstein. Con l’orgoglio del Made in Italy, torneremo grandi anche senza il Missouri”.

Nota del redattore: l’intervista, purtroppo, non è avvenuta davvero. Ma se lo fosse, sarebbe andata più o meno così. E ora tocca all’intelligenza naturale – la vostra – capire a quale politico si fa riferimento.