
Ansa
Il Figlio
E poi i figli cominciano a viaggiare da soli. Chill intercostale
Loro sono troppo cool per preparare questa valigia o questo zaino la sera prima della partenza. Quando fai la valigia? Domani. Ma domattina parti. Appunto, la faccio domani
E poi i figli cominciano a viaggiare. Prendono treni, aerei, gridano di avere bisogno di una valigia tutta loro, però bella, non quell’orribile trolley bordeaux che hai tu, si muovono e vanno per il mondo e noi restiamo qui. A pensare, ad aspettare un messaggio, anche a tirare un sospiro di sollievo. Per qualche giorno, per qualche settimana, nessun vegetariano dentro casa mi dirà che il petto di pollo nel mio piatto è frutto di un assassinio brutale e che io sono una complice. Tra l’altro è ovvio che preferirei mangiare una pizza, o una cacio e pepe, e se cucino il petto di pollo non è per godimento, quindi non vorrei sentirmi una persona abietta. Nessuno mi dirà che quella povera scatoletta di tonno è il male, e forse, forse, a un certo punto riuscirò anche a entrare in camera dei miei figli non bendata. Di solito, quando loro sono in casa, nelle loro stanze, e io devo per forza dir loro qualcosa, valuto due opzioni: la prima è mandare un whatsapp dalla cucina.
Ma poiché non mi visualizzano mai, passo alla seconda opzione: mi alzo, cammino, arrivo davanti alla porta di uno dei due, busso, apro, mi fermo sulla soglia e mi giro di spalle. Prima di girarmi di spalle, sempre sempre sempre chiudo gli occhi. Perché la vista delle loro camere e dei loro pavimenti e delle loro librerie mi provoca delle fortissime fitte intercostali che ho imparato a prevenire. In loro assenza, invece, a volte riesco a fare due passi oltre la porta, con questo ormai tristemente famoso sacco nero della spazzatura: ho stabilito un criterio temporale e morale, quindici secondi in tutto. In quindici secondi riempio il sacco nero di quello che trovo sul pavimento, con il monito a me stessa: non farne mai parola con nessuno. Solo il cane è testimone di quello che faccio, ma lui è completamente dalla mia parte. Quando mio figlio, a testa in giù sul divano, assume un’aria inquisitoria e mi dice: hai visto quella pistola di plastica spaccata a metà con un liquido schifoso che esce, che usavo da bambino per spaventare i gatti?, io rispondo solo: e come potrei averla vista? Io non posso entrare nelle vostre camere, lo sai che mi vengono le fitte intercostali.
Poi, appunto, se ne vanno. Rompono le valigie vecchie e ne ottengono di nuove, quelle che hanno le ruote ma sono anche zaini, anche sacche, anche giraffe impagliate. Chiaramente loro sono troppo cool per preparare questa valigia o questo zaino la sera prima della partenza. Perché fare la valigia la sera prima è da vecchi nevrotici con le fitte intercostali. Chiaramente, una volta arrivati a destinazione, si accorgeranno di non avere portato le mutande, la spazzola, la felpa, i pantaloni, il caricabatterie del telefono. L’unica cosa che hanno messo in valigia è un sasso, una giacca da sci (ma non vanno a sciare) e la museruola del cane - che è rimasto a Roma. Perché era tardi, perché avevano sonno, perché non ci hanno pensato. Per fortuna ho mandato tre copie delle carte d’imbarco, per fortuna ho mandato su whatsapp i biglietti del treno, ma anche del trenino per l’aeroporto. Per fortuna ho fatto anche un piccolo riassunto degli orari e degli spostamenti, mai visualizzato. Infatti, per la prima volta dopo mesi, ricevo una telefonata da un figlio, non saprei nemmeno quale, ma ha la voce allarmata: il mio aereo non esiste sul tabellone, forse è già partito, mi hai fatto sbagliare terminal??? Fitta intercostale. Che orario stai cercando? Ah si no vabbè scusa ho capito ciao, guardavo l’orario del mese scorso, chill ciao. Chill intercostale.