Il critico Frederick Laws (sinistra) e Lee Miller nel 1950 (Haywood Magee/Picture Post/Hulton Archive/Getty Images) 

il figlio

Diane Arbus, Lee Miller e le altre: cambiare il mondo una fotografia alla volta

Sandra Petrignani

Le indiscrete. Storie di cinque donne che hanno cambiato l’immagine del mondo

In un autoscatto Diane Arbus si è fotografata con la figlia di pochi mesi, Doon. Siamo nel 1945. Era una giovane madre di 22 anni, molto innamorata del marito Allan, che aveva conosciuto quando era solo tredicenne e che faceva il fotografo di moda e per la pubblicità, nonché l’attore. Un tipo pieno di glamour insomma. Non sapevo che la Arbus fosse anche madre. Ebbe un’altra figlia, nove anni dopo, Amy. E’ stata una sorpresa. Chissà perché, guardando le sue foto, quelle sue foto tremende che parlano della parte malformata dell’animo umano, prima che di corpi sempre eccessivi (troppo grassi, troppo magri, troppo sgraziati…) lo avevo escluso. Lo scopro leggendo il bel libro di Elisabetta Rasy Le indiscrete. Storie di cinque donne che hanno cambiato l’immagine del mondo (Mondadori 340 pagine, 20 euro) dedicato oltre alla Arbus alle fotografe Tina Modotti, Dorothea Lange, Lee Miller, Francesca Goodman.

  
Quell’autoritratto della Arbus con la figlioletta Doon contiene un racconto. Il racconto triste della maternità di una donna che da piccola è cresciuta in una famiglia ricca con due genitori molto presi dal loro lavoro e che non ha un modello per impostare i gesti di una madre. Così, nella foto, sembra non saperne che fare della sua bambina. La tiene distrattamente fra le braccia e comunica una sensazione di precarietà, come se la piccina potesse cadere a terra da un momento all’altro. Ma a cadere, a 48 anni, sarà lei, Diane. Stremata dal dolore che coglie dentro le persone, negli animali, nella natura e che le sue foto indimenticabili portano alla superficie, ferita nei sentimenti verso uomini che la ricambiano, ma non come vorrebbe lei (non solo il marito dal quale divorzia rimanendogli legatissima), insensibile alla gloria che pure arriva… In una torrida fine di luglio newyorchese del 1971, sola e depressa prende barbiturici e si taglia le vene. La trova l’amico-amante Marvin Israel che non sentendola da due giorni va a cercarla a casa. “Diane è raggomitolata su un fianco nella vasca da bagno”, la descrive Rasy, “pantaloni corti di tessuto jeans e una camicetta rossa”. Le figlie hanno una 22, l’altra 17 anni.

  
Non ho idea di come se la siano cavata nella vita con la pesante eredità di una madre tanto infelice. Ma penso che, per quanto possibile, bisognerebbe evitare il suicidio avendo dei figli. Anche la Woodman concluse la sua breve vita uccidendosi. Si gettò nel vuoto a 23 anni, lasciando dietro di sé solo un mucchio di negativi e 800 foto stampate che la resero leggendaria. Non ebbe figli nemmeno la fotografa-mito per eccellenza, la bellissima pasionaria Tina Modotti, la cui storia apre questa teoria di “indiscrete” dalle “vite intense e difficili”, come scrive l’autrice. Indiscrete perché hanno spinto lo sguardo oltre i contorni delle immagini, a dire qualcosa che viene taciuto, in particolare del destino femminile. Come quella potentissima fotografia di Dorothea Lange in cui si vede una madre sopraffatta dai figli che le si stringono intorno, mentre lei apparentemente indifferente, guarda altrove sconfitta e stremata. “Sono molte le donne che Dorothea fotografa. Ci sono tante madri con i bambini, e in genere non sorridono”.

  
E poi Lee Miller, “imprudente, impudente e brillante”, modella, reporter di guerra, amica e musa di tanti artisti a Parigi, da Picasso a Man Ray che l’amò disperatamente, coraggiosa e imprendibile. Mette un freno a una vita disordinata e raminga quando quarantenne scopre di essere rimasta incinta del marito, che fin lì ha visto poco, l’inglese Roland Penrose. Sarà proprio il figlio, Anthony, dopo la morte della madre, a 70 anni per un tumore, a mettere ordine nel suo archivio dimenticato in soffitta, perché Lee aveva intanto scoperto la bellezza della vita in campagna dedicandosi soprattutto alla cucina. Emerse così dal passato quell’incredibile foto – fra le molte altre della Miller – che le aveva scattato il collega David Scherman: lei nuda dentro la vasca da bagno… di Hitler! Immagine simbolo dell’impudenza e dell’indiscrezione femminile.

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