L'eterno ritorno dell'uguale

Paola Liberace

Il primo giorno di scuola e la cena di classe trent’anni dopo

    Cara Annalena, ma allora Nietzsche aveva ragione, l’eterno ritorno dell’uguale, ho pensato, alla vigilia della ripresa della scuola, mentre mia figlia prepara lo zaino per il primo giorno di liceo, nella mia stessa sezione, ma in un’altra città, e io invece mi preparo a incontrare di nuovo, dopo 30 anni, i miei ex compagni di liceo, così emozionata che mi lascio persino inserire in una chat di WhatsApp.

     

    E quando ci vediamo sono assolutamente identici, l’eterno ritorno dell’uguale; mentre io sono uguale e no, come una copia sbiadita di me stessa - di nuovo miope, ma meno, con i capelli di nuovo corti, ma meno, ancora insicura, ma meno - e quando mi cerco nei loro sguardi sono loro a ritrovarsi nei miei.

      

    È una serata luminosa, piena di affetto, di sorrisi, priva delle asperità di cui trovo traccia nei miei diari di sedicenne, riesumati per l’occasione; e sono con noi persino quelli che non ci sono più, con la nostalgia mannara per le nostre vite private delle loro, ma stasera senza dolore, stasera è tutto uguale. Adesso toccherà a mia figlia, penso, frequentare il liceo, mettere gli occhiali, tenere diari taglienti, perdere qualcuno, e poi ritrovarsi, dopo trent’anni, l’eterno ritorno dell’uguale.

      

    Ma quando rientro nella città diversa lei è inequivocabilmente bella, con l’emozione piena di ironia, con il nuovo diario immacolato e il telefonino sempre in mano per intercettare su Instagram, in anticipo, gli altri della sua classe. E allora mi rimetto gli occhiali, chiudo Nietzsche, saluto tutti i miei ex compagni, esco dalla chat di WhatsApp, e le intimo di spegnere quel benedetto telefono.


     

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