L'allineamento

Emmanuela Cabrè

Io sono Siddharta, tu diventerai Kant e Gardaland è superata. Allora prepara lo zaino, partiamo

La mia maggiore età fu segnata da un cambio di prospettive materiali e immateriali, ma soprattutto dall’arrivo di un fratello minuscolo in casa. Era proprio un fratello, anche se tecnicamente -astro, una parola oscena che non poteva in alcun modo definirci. Cresceva in modo veloce, imparò a camminare troppo presto, a parlare subito, in un tempo straordinariamente breve iniziò a scrivere. Io ero sconcertata da quel bambino prodigio che a sei anni era già in grado di andare a scuola. Quando tornavo a casa dei miei genitori lo riempivo di domande. La mia maggiore preoccupazione era che non si integrasse abbastanza con gli altri e che non avesse un profilo sufficientemente marcato per il sano allineamento: lo vuoi lo zaino Invicta? Te lo regalo, guarda che Invicta è ganza. Come non è ganza? Cosa vuol dire che non devo dire ganza? Ero incoerente, lo volevo allineato ma non del tutto. Non riuscivo a credere che mio fratello pregasse Dio, ma non avevo il coraggio di raccontargli l’epocale grandinata del 1991. Vuoi che leggiamo Pinocchio? Che roba è Geronimo Stilton?

 

La richiesta di andare a Gardaland mi colse impreparata. Capisci, volevo dirgli, io sono Siddharta e tu diventerai Kant, noialtri non ci possiamo andare. Tu tra pochi anni saprai chi è Marx, ti porterò agli ultimi strascichi di manifestazione, ti mostrerò la sede centrale dei comitati leninisti, tua sorella ci andava, i leninisti sono più tipo Stilton che tipo Stalin, ma non importa, darai un obolo anche tu per la rivista Lotta Comunista. Invece di andare sul Blue Tornado tu a settembre dirai sprezzante ai tuoi amici che hai letto Collodi, che hai letto Salgari, e racconterai alla tua ragazza, che prima dovrò conoscere, le avventure delle tigri di Mompracem. Le tigri funzionano, agrrr, aroarr, fidati di me. Tu sarai diverso e superiore, e integrato ma superiore – perché tu, mi dissi, non soffrirai mai. Ci vanno tutti, fece lui con un principio di fossettina, e a me nessuno mi ci ha mai portato. Ma se tutti si buttano in un fosso, gli dissi, eccetera eccetera? Quando andavo a scuola due mamme, mogli di persone in carriera, venivano elette annualmente rappresentanti di classe. Prendevano molto seriamente il loro ruolo. C’erano di conseguenza le mamme mogli non di carriera che non riuscivano a diventare rappresentanti. Diventavano allora le amiche delle rappresentanti, che periodicamente inviavano ai genitori degli altri figli delle lettere la cui cosa più rilevante era l’intestazione dello studio medico o legale del marito.

 

Tutte vestite di beige, stavano fuori dalla scuola a discutere della formazione dei figli, a dare dure prove di storytelling con le attività extrascolastiche minuziosamente programmate. Il grafico mentale dei voti, le preoccupazioni su tale maestro un po’ troppo severo, l’inglese e lo spagnolo insegnati male, il refettorio troppo piccolo. Parlavano di tutto ciò che riguardava i loro figli (o così credevo: ma forse guardavano solo i padri degli altri bambini? perché c’erano anche alcuni padri incravattati davanti a scuola. C’erano forse delle tresche a me ignote, c’era insomma una ragione seria, una ragione sessuale, per inchiodarsi ogni giorno di fronte alla scuola del figlio?). Stavano lì già molto prima della campanella delle otto e si fermavano anche dopo. A volte, all’altezza della seconda ora, avevo la sensazione che fossero ancora al di là dei muri a bisbigliare. Ogni infanzia è un continuo allineamento, ciò nonostante giurai vendetta perpetua a tutti i discendenti dei capoclasse.

 

Guarda che Gardaland non è niente di particolare, ti stuferesti, invece ti potrei portare alla biennale di Venezia, facciamo un bel giretto col battello, andiamo a vedere il ghetto ebraico, ti porto a vedere i vetri di Murano, i vetri di Murano sono ganzissimi. E poi cosa vuol dire che ci vanno tutti a Gardaland? Ci andrà qualcuno, ormai Gardaland è superata. Non ci credo che tutti vogliono andare a Gardaland, vediamo un po’, ci va anche quel tuo amico come si chiama, che la madre fa la capoclasse? Sì, mi dice, Jonathan i genitori gli hanno fatto l’abbonamento premium. D’accordo, Gianni ha il premium, ma tu non devi guardare gli altri, soprattutto i bambini italiani che hanno l’acca nel nome e le madri capoclasse. Pensa a quanto sei fortunato tu. Devi sempre diffidare dei capoclasse e devi essere fiero di avere un nome liscio e sobrio. Ricordatelo per quando sarai grande. Lo misi a letto e gli diedi un bacio. Andai in cucina a cercare la bottiglia di sambuca, mi misi al computer, mandai a quel paese Gianni e comprai due abbonamenti vip. – Sulla scorta degli errori di gioventù gli dissi io non ammetto ritardi, domani mattina si parte alle otto meno un quarto e non voglio storie. La mattina partimmo alle nove e un quarto e a metà strada gli dissi li hai presi tu gli abbonamenti? Allora ritornammo indietro e poi ripartimmo alle dieci. 

 

Emmanuela Cabrè da “L’unico viaggio che ho fatto. Storia di Gardaland e di quello che è successo dopo” (in uscita per minimum fax)

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