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Illusione e rassegnazione, ossia la notte napoletana rossonera

Mirko Volpi

Non era Napoli-Milan la partita per risollevare il morale dei tifosi del Diavolo, eppure nella prima mezz'ora si poteva anche sperare di uscire indenni dal San Paolo

Non era esattamente la partita migliore, Napoli-Milan, per risollevare il morale dei tifosi del Diavolo dopo la assurda sberla presa lunedì sera dalla Nazionale, estromessa dal Mondiale russo con sommo disdoro. Insomma, nessuno di noi disillusi adepti del verbo cacciavitico, svegliandosi l’indomani con in bocca il sapore acre di una beffa storica, ha potuto seriamente pensare con sollievo “almeno adesso torna il campionato…”. E infatti.

 

Oggi siamo qui a commentare – e faccio un facile centone di altrettanto facili analisi tecniche – la supremazia partenopea, cui è bastata una gara ordinaria, l’Insigne che lo sciagurato Ventura ignorò, le statistiche che vogliono qui tutti perdenti, il comunque non pessimo Milan che con disciplina e applicazione e qualche sparuto piede buono che di tanto in tanto lampeggiava qua e là ha provato a giocare, a non mollare metri di campo facendosi squadra davvero e a mettere in difficoltà avversari decisamente più forti. Per mezz’ora ho addirittura creduto che ne potessimo uscire indenni, finché ci si sono messi di mezzo la dannata Var (e relativa, salutare incazzatura), l’infortunio a Suso, la fulminea rassegnazione al corso degli eventi che la nuova proprietà non ha saputo invertire.

 

Lontani, lontanissimi i giorni di quel maggio radioso in cui andammo al San Paolo a prenderci il primo scudetto della nuova, sfolgorante èra berlusconian-rossonera. Sideralmente distanti i tempi in cui gli scudetti si decidevano tra la Madunina e Posillipo. S’acuisce la nostalgia canaglia. E quando ritrovi un Berlusconi al centro della scena politica italiana, quasi non fossero passati venti e rotti anni, e lui davvero fosse immortale (o lo è sul serio?) e ancora capace di modificare le sorti del Paese, come, mi chiedo, come non farsi prendere dai dolci incantamenti del passato e delle sue grandezze e non vagheggiare – prima, ovviamente, di vergognarsene come ladri – un clamoroso ritorno, e uno scintillante colpo di scena, e il teleunificato annuncio di un nuovo miracolo rossonero?

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