I saluti di Reina e il ritorno di Pepito Rossi

Alessandro Bonan

Il portiere spagnolo ha chiuso con Napoli in un pomeriggio sbagliato, mentre l'attaccante ha segnato in serie A dopo quattro stagioni

Pepe no cry

Si è posto al centro del corteo funebre che salutava malinconico la città e tutti quei parenti del defunto scudetto. Guardava in basso, un po’ vergognoso. Le sue mani battevano fuori tempo, come il suo cuore. Reina ha chiuso con Napoli in un pomeriggio sbagliato, dove allo scadere della partita si è perso in mezzo all’area e gli altri hanno fatto gol. Lui, che sembrava l’uomo più grande della terra, è parso all’improvviso piccino. Avrebbe voluto piangere ma nessuna lacrima ha avuto la forza, o forse la debolezza, di cadere.

Il mostro

Dicono in giro che abbia una faccia inquietante, senza occhi. Qualcuno lo ha visto camminare storto, con la schiena deforme. Al posto delle parole si esprime rabbioso con un latrato. Sputa sui muri e perseguita le vecchie. Non ha rispetto neanche dei bambini a cui riserva spesso parolacce. Non c’è nessuno al mondo, ripetono diffusamente ormai tutte le persone, peggiore di lui. Che cosa ne abbia reso questa fama così orribile non è ben chiaro. Si sa soltanto che si chiama arbitro e che talvolta si occupa di calcio.

 

 

Il ritorno di Pepito

Ha spinto il pallone dentro la rete e non sembrava un gesto impossibile. Ma per chi da molti anni combatte contro la sfortuna, un po’ lo è stato. Rossi è tornato a segnare in serie A, cosa che non accadeva da quattro stagioni. In mezzo ha conosciuto il dolore, la fatica e la paura di un rumore. Crack, l’osso che si spezza, il ginocchio che si gira e sembra essere la fine. Rossi convive con quel timore, tenuto a bada dalla passione. Proprio per questo ogni suo gol non sarà mai banale. Le sue partite, ormai da tempo, sono atti d’amore.

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