Nigeria caput mundi

Il cuore palpitante della cristianità oggi non è più l'Europa, provincia desertificata della Chiesa antica, ma la Nigeria, terreno fertile della fede e quindi dei martiri che fioriscono a ogni settimana copiosi nel campo celeste, falciati dalla mezzaluna islamica. Su questa terra rinascono al Cielo ornati di una corolla che è trofeo indefettibile contro la morte. Mentre i capi delle nostre nazioni, eredi spiritualmente illegittimi di de Gasperi e di Adenauer, discutono di monete e di guerre economiche fratricide, in terra d'Africa intanto gli angeli raccolgono i frutti di santità che qui tardano a fiorire, con gran danno non solo della nostra religione ma anche della nostra economia, se è vero che senza la giustizia di Dio i regni non son altro che grandi latrocini (Agostino). Già Leopardi nel canto all'Italia aveva visto compiuta quell'essiccazione dell'Occidente che si risolverà dopo un secolo nella gran pira funebre di due guerre mondiali: "O patria mia, vedo le mura e gli archi/E le colonne e i simulacri e l'erme/Torri dei nostri avi,/Ma la gloria non vedo". Siamo divenuti come il fico sterile della parabola, attorno al quale si attarda il vignaiolo a concimarlo in paziente attesa che produca frutto, ma l'anno nuovo è già iniziato e ancor privi di germogli rischiamo la tagliatura. Gli appelli domenicali e festivi del Papa non sono discorsi politici o prolusioni filosofiche, ma avvertenze profetiche con le quali si intende svegliare dal sonno antidogmatico i narcotizzati d'Occidente, uguali in tutto agli uomini che ai giorni di Noè mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, e non si accorserò di nulla finchè venne il diluvio e inghiottì tutti (cfr. Mt 24, 37-39). Che l'Islam sia il nuovo diluvio mandato da Dio, come negli ultimi giorni dell'impero romano lo furono le orde unne e visigote? In tal caso non sarà certo l'Unione Europea l'arca che potrà salvarci!