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S'affilano le armi per la Regione. Maroni, Gori (e Pisapia…)

Fabio Massa

Roberto Maroni vorrebbe votare il 22 ottobre insieme al referendum per l’Autonomia della Lombardia. Difficile, ma ad oggi non c’è nulla da escludere

Domani nella battaglia pensa a me. Chissà a chi e a che cosa pensano Giorgio Gori e Roberto Maroni oggi, in previsione della battaglia di domani. Quella delle regionali, ormai vicinissime. Dalla primavera 2018 al freddo inverno 2017, rotolando in una accelerazione pazzesca verso il possibile settembre di un election day. Certo, Roberto Maroni vorrebbe votare il 22 ottobre insieme al “suo” referendum per l’Autonomia della Lombardia (terno al lotto? chissà). Difficile, ma ad oggi non c’è nulla da escludere. Giorgio Gori, appena lanciato anche da Giuliano Pisapia, “sicuramente potrebbe essere un candidato giusto”, ha iniziato a mettere le mani avanti sulla questione del referendum, precisando ulteriormente la sua decisione di votare Sì e iniziando così a picconare l’argomento principale e decisivo della campagna elettorale del suo (possibile) avversario. Sta studiando, Giorgio Gori. E’ nel suo stile. Per prima cosa ha incaricato i suoi di fornire dei corposi dossier sugli argomenti principali. Sul suo tavolo si accumulano documenti sulla Sanità e sulla riforma fatta da Maroni. Poi, ambiente. E trasporti, ovviamente, visto che tra l’altro di Bergamo è l’assessore regionale di Forza Italia, il giovane talentuoso Alessandro Sorte. Il Pd, intanto, si sta strutturando. Cento dipartimenti, coincidenti con quelli delle suddivisioni sanitarie, che già sono coerenti e omogenee per numero di abitanti. Cento dipartimenti perché l’ultima volta Umberto Ambrosoli vinse nei capoluoghi ma perse nelle valli e in fu nei territori che perse la partita, malgrado la Lega al minimo storico e il Pd al suo massimo.

 

Adesso la sfida è più dura, e la contesa sarà lontano dai grandi centri, nel grande nord valtellinese e nel sud di Mantova, nelle campagne del bresciano e nella bergamasca, che Gori vorrebbe apertamente dalla sua parte. A chi dice che la partita non è da giocarsi il sindaco di Bergamo oppone lo studio e la costruzione della squadra. Accanto a lui, oggi, ci sono sicuramente Jacopo Scandella, consigliere regionale dem, incaricato di scrivere il programma per il Pd. Poi Christophe Sanchez, personaggio mitico (con aneddoti al limite del leggendario: ex autore di Camera Cafè, ex allevatore di cavalli in Francia, ha cercato anche di recuperare una piantagione di caffè in Ghana). Sanchez è il braccio destro di Gori da sempre, per lui inforca la sua moto Bmw 1.200 tutti i giorni e si sposta da Carnate, dove vive, a Bergamo. Nella squadra c’è, essendo il segretario regionale, Alessandro Alfieri. E ovviamente c’è Francesco Alleva, il portavoce. Poi ci sono i sindaci, che Gori aveva compulsato in lungo e in largo nell’elaborazione del documento sull’autonomia, come Eugenio Comincini, che finisce la sua esperienza a Cernusco sul Naviglio e ora chissà se preferirà Roma al Pirellone. C’è la vicesindaco milanese Anna Scavuzzo, renzianissima. C’è Franco D’Alfonso con la sua rete. D’Alfonso, inventore degli arancioni a Milano, probabilmente si candiderà in regione. E pare abbia già portato qualcosa in dote, visto che si ascriverebbe a lui l’endorsement di Pisapia, che se a livello nazionale zoppica a livello regionale invece vede il proprio sogno portato avanti su due gambe: gli arancioni di Milano e i civici che furono di Ambrosoli. Del resto, tra i primi a credere a Gori ci furono i convenuti alla riunione dell’Umanitaria nella quale, appunto, c’erano Gori e Pisapia. In tutto questo, il sindaco Sala è ancora alla finestra, waiting for Martina. Sperando che non sia Godot.

 

E sul fronte opposto? Roberto Maroni ha incassato l’adozione del modello di alleanze di Lombardia e Liguria anche per il livello nazionale, Salvini dixit con una parziale giravolta che però ha fatto scendere di diverse atmosfere la pressione su ciellini ed ex alfaniani alla Colucci&Cattaneo. Quindi, se a livello nazionale viene sdoganato l’asse con Forza Italia e gli ex Ncd, a maggior ragione si può riconfermare in Lombardia. Il nodo, per adesso, sta nell’appetito per entrare nella Lista Maroni. I miracolati della volta scorsa hanno poco convinto, salvo il capogruppo Stefano Bruno Galli, che è un po’ il “padre” del referendum. Secondo rumors pare che da I in comune ci sia l’assalto alla lista del presidente, per un trasloco morbido in Regione.