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GranMilano

Le 8.000 parole annotate da Leonardo Da Vinci in città (e ora studiate) diventano una mostra-mappa

Francesca Amé

L'artista Sabrina D’Alessandro ha creato un'esposizione in venti tappe sparse in tutta Milano e a disposizione di tutti con le parole che Leonardo, “omo sanza lettere” ma collezionista di vocaboli, stilava nel suo taccuino 

"Salvatica libertà" è in via delle Forze Armate, in via Meda invece c’è “Infallante superno, in via Friuli “Depopulate impunità” mentre "Sperienzia, sapienzia, impazienzia” è in via Teodosio. E così via, seguendo le venti tappe della mappa di affissioni d’autore che Sabrina D’Alessandro, artista e autrice milanese, ha appena tracciato in città. E’ dedicata a “Leonardo Parlante” (sottotitolo: “Micanti, salvatiche e infallanti. Le parole di Leonardo in mostra”) e da questa settimana è a disposizione di tutti. D’Alessandro da anni è esploratrice dell’italiano, demiurga di un immaginario nuovo tra arte e linguistica: nel 2009 ha fondato l’URPS, Ufficio Resurrezione Parole Smarrite, “ente preposto al recupero di parole smarrite benché utilissime alla vita sulla Terra”, ha portato i suoi progetti in giro per il mondo da Singapore a New York e firmato un paio di volumi per Rizzoli. Mentre noi (non tutti, ma insomma) assorbiamo per osmosi lo slang giovanil-maranzino, D’Alessandro si è data la personalissima missione di mantenere viva ogni sfumatura della nostra lingua: sacerdotessa del lemma antico – ma priva della solerte pedanteria di certi linguisti arcinoti – si adopera per riscoprire e divulgare suoni e sensi perduti, fagocitati dalla fretta dell’omologazione.

 

Le chiediamo allora di decifrare per noi il titolo di questo suo nuovo progetto dedicato a Leonardo da Vinci. Micanti? “Sono le parole luminose, che risplendono di viva luce”. Salvatiche? “Sono quelle che si salvano e ci salvano, restando nella memoria”. Infallanti? “Quelle che non sbagliano”. Sono alcune delle parole leonardesche che Sabrina D’Alessandro ha scovato consultando a lungo il Codice Trivulziano 2162, libretto per gli appunti che il da Vinci usava per annotarsi lemmi nuovi, conservato oggi nella Biblioteca Trivulziana del Castello Sforzesco. D’Alessandro riscopre così un aspetto meno noto di Leonardo, “omo sanza lettere” ma collezionista di vocaboli: stilava elenchi di parole che avrebbe voluto masticare agilmente e che conservava nel taccuino, pronte all’occorrenza. Durante gli anni milanesi, il Da Vinci si adoperò non poco per arricchire il proprio lessico: sono circa ottomila i termini che, sotto forma di lunghe liste, ritroviamo nel Codice Trivulziano. D’Alessandro ha rilevato in modo originale questo tratto meno noto di Leonardo, facendo risorgere attraverso il sistema delle affissioni comunali (grazie al contributo della Fondazione Cariplo e il supporto dell’assessorato alla Cultura) proprio quelle parole che, tra rarità, latinismi e raffinatezze eufoniche, avevano più sedotto il genio toscano. In questi poster urbani di citazioni leonardesche D’Alessandro non ha trascritto, tra lessicografia e arte visiva, solo le parole riscoperte nelle liste del Codice Trivulziano, ma le ha associate a una frase tratta da altri manoscritti del da Vinci.

 

“Le parole in fondo vivono solo se ricordate e pronunciate”, aveva del resto detto al Foglio in una calda giornata di luglio. Eravamo andati a trovarla nel suo atelier durante la residenza d’artista nella Casa degli Artisti di corso Garibaldi, incubatore felice di questo progetto. Stava lavorando alla grande parola-scultura in terracotta “Salvatica” che ora e fino al 31 gennaio troviamo esposta al Castello Sforzesco nel Cortile delle Armi mentre altre due installazioni (“Vanagroria”, in acciaio lucidato a specchio, e “Purità”, in terracotta) sono una di fronte all’altra davanti alla vasca della Corte Ducale. “La prima è esile e vana, l’altra è solida e sobria, come gli elefanti, che per Leonardo erano animali nobili, pronti immergersi nel fiume per purificarsi”, spiega D’Alessandro, che si muove agilmente tra linguistica e figurazione senza lasciare nulla al caso (a proposito: del suo “Leonardo Parlante” discuterà, il 13 novembre in sala Weiss del Castello, anche uno studioso del calibro di Pietro Marani). Se osservate “Salvatica” da vicino scoprirete altre parole leonardesche smarrite, scolpite fronte retro, a coppie di opposti: D’Alessandro le ha trovate nelle favole, nei bestiari, nelle profezie del Da Vinci. “Ho salvato anche loro”, ci dice.

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