FOTO Gettyimages

la strategia

Guerriglia in regione? Forza Italia non starà solo a guardare

Daniele Bonecchi

Il voto regionale in Lombardia nel 2028 dovrebbe vedere un candidato di Fdi, ma la strada è lunga. Sorte spiega: "Possiamo essere l'ago della bilancia. per ora stiamo alla finestra, vogliamo capire chi è interessato a un percorso comune

La rincorsa è lunghissima. Il voto regionale in Lombardia è previsto nel 2028 ma i partiti di maggioranza, a Roma, hanno già messo nella bisaccia (assieme a Campania e Veneto) anche la Lombardia che, secondo i piani della spartizione, dovrebbe “toccare” al partito di Giorgia Meloni. E così, nella regione che ha visto nascere la Lega, di Bossi, Maroni, Fontana (e persino) Salvini, che sta vendendo la pelle dell’orso, è già partita – con tre anni di anticipo – la campagna elettorale. Nel Carroccio il mal di pancia è diventato cronico (grazie pure a Vannacci, per quanto già in caduta libera). Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato e segretario regionale in Lombardia, non si dà per vinto e disconosce apertamente l’accordo di Roma. Ma Fratelli d’Italia – in Lombardia il plenipotenziario è il presidente del Senato, Ignazio La Russa – ha iniziato, con tranquilla disinvoltura una sistematica occupazione delle poltrone più importanti, sfilando alla Lega e a Forza Italia una consistente fetta di potere locale.

Le grandi manovre erano iniziate subito dopo la rielezione plebiscitaria di Attilio Fontana nel 2023. Fdi aveva subito rivendicato l’assessorato al Welfare, cruciale, ma Fontana aveva voluto Guido Bertolaso. Poi il partito della premier aveva messo gli occhi sulla grande holding della mobilità: Fnm, che tiene assieme Trenord, FerrovieNord, la Milano-Serravalle e altro, ma anche qui Fontana era riuscito a confermare Andrea Gibelli, leghista d’imprinting maroniano. Affondato il dg di Trenord Marco Piuri (area FI) è però arrivato Andrea Severini, FdI doc. La minaccia di rimpasto è sempre presente, quella di elezioni anticipate anche meno, ma si naviga a vista. 
Poi c’è  la terza gamba, che molti davano troppo frettolosamente per morta: Forza Italia. In Consiglio regionale, tra i banchi azzurri c’è chi sogghigna: “Guardiamo coi popcorn Lega e FdI che si prendono a testate sulla presidenza della Regione”. Ma non è un bello spettacolo.

Da parte sua Alessandro Sorte, coordinatore lombardo di FI spiega: “Noi stiamo rigorosamente fermi, perché guardiamo alla partita di Milano con interesse, siamo meno interventisti sulla Lombardia. Poi è chiaro che Forza Italia, in una situazione del genere può dare una mano agli uni o agli altri, anche per situazioni delicate come i comuni. Lecco, Mantova, Lodi sono solo alcune delle amministrazioni che andranno a elezioni ed è in corso lo stesso braccio di ferro tra Fdi e Lega. Forza Italia può essere l’ago della bilancia. Per ora sta alla finestra e lo fa coscientemente perché nei territori può essere la chiave di volta per far vincere l’uno o l’altro. Ma vogliamo capire chi è interessato ad un percorso comune”.


Critiche a mezza voce sul rullo compressore di Fdi: “Si cambiano assessori come fossero le figurine”, commenta un consigliere di maggioranza. Ma le grandi manovre guardano alla presidenza del Pirellone. Al momento i candidati sembrano due o tre (Ettore Prandini nega). Carlo Fidanza, parlamentare europeo, molto vicino a Giorgia Meloni, ha scelto il profilo “presente ma non invasivo”. Mentre l’altro candidato in pectore Giovanni Bozzetti, (già assessore per il centrodestra a Milano) manager, di recente nominato ai vertici di Fondazione Fiera, è diventato una presenza quotidiana nello scacchiere lombardo. Appena insediato, Bozzetti ha creato “la casa del Made in Italy”, inaugurata col ministro Adolfo Urso, senza perdere occasione per mostrarsi in pubblico con i membri dell’esecutivo Meloni di passaggio in città.

Ma la cosa che ha destato sorpresa, per il responsabile di un’azienda che ha in carico la proprietà dei padiglioni della Fiera, è l’apertura di innumerevoli “tavoli” per gestire la mobilità, la cultura altro ancora, “manco fosse il podestà”, sottolineano i suoi detrattori. Il suo predecessore Enrico Pazzali aveva fatto una scelta diversa, rispondendo alle sollecitazioni della Regione e ad esempio impiantando – negli anni del Covid – un ospedale nei padiglioni della Fiera. Per non dire dell’aiuto sulle Olimpiadi. Invita ad “abbassare i toni” Giulio Gallera, già assessore al Welfare in Regione. “E’ l’abc della politica: chi ha più voti può esprimere il presidente. Detto questo, inviterei tutti però a evitare di litigare, meglio discutere sulle cose fatte e quelle da fare. Mi pare che, fino ad oggi, abbiamo dato un’ottima prova di governo della Regione”.

L’altra grande partita elettorale riguarda il comune di Milano, in scadenza prima della Regione. E se per la scelta del prossimo governatore regionale in fondo si potrebbero giocare i consensi di Forza Italia assieme a quelli della lista Fontana, per Milano Sorte punta a un civico moderato. “Con i toni di Vannacci non si vince Milano”, ha detto giorni fa. “Milano deve essere un laboratorio politico: dobbiamo allargare la coalizione, riequilibrarla, intercettare chi oggi vota dall’altra parte. E solo Forza Italia può mettere in campo questo schema”. Schema confermato da Letizia Moratti. Sorte non fa mistero del fatto che, se la sinistra scegliesse un candidato di area Schlein, si aprirebbero spazi per una intesa con Azione, e forse, altri moderati. La partita è aperta.

Di più su questi argomenti: