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Rozzano capitale della cultura nel 2028? Una candidatura situazionista ma non folle

Fabio Massa

"Con la cultura vogliamo tirarci fuori dallo stereotipo della periferia degradata. Anche in mezzo ai palazzoni del quartiere popolare, tra gente dignitosa e umile, nasce cultura". Parla il sindaco Mattia Ferretti

Senza connotazioni politiche, quella di Rozzano a Capitale della cultura italiana 2028 si potrebbe definire una candidatura situazionista, nel senso più letterale e culturale del termine. Il situazionismo libera le energie creative e genera un cambiamento. Dunque, Rozzano Capitale della cultura? Candidatura situazionista. Voluta da un giovane sindaco di centrodestra. Lui si chiama Mattia Ferretti, ed è stato eletto (plebiscito) nella primavera scorsa. Percentuali bulgare, in quella che un tempo era la Stalingrado d’Italia di Milano sud, l’ultimo fortino che ancora resisteva. Poi, poco più di un lustro fa, il papà di Mattia, Gianni, spazzò via la sinistra radicale proponendo ricette di buon senso e intuizioni un po’ rivoluzionarie. Gianni Ferretti disse che Rozzano non poteva essere solo il dormitorio popolare di Milano, con un centro cittadino letteralmente schifoso se non completamente assente, una “stecca” indegna di ruggine e cemento scrostato. Dunque, cerca e trova milioni per riprogettarlo da zero. Tutto bene quindi. Ma poi, in questa piccola grande storia cittadina, arriva il lutto che scuote tutti: Gianni Ferretti muore improvvisamente e la città si ferma attonita. Il figlio, dopo mille riflessioni, si candida a succedergli. E vince benissimo. Già in campagna elettorale lancia la proposta di candidare Rozzano a Capitale della cultura italiana. L’opposizione un po’ lo spernacchia, dileggia l’idea. Che cosa avrà mai Rozzano da offrire a livello culturale all’Italia? “Poco. Quasi niente, rispetto alle grandi città d’arte italiane – spiega Mattia Ferretti al Foglio – Ma chi oppone questa obiezione che, superficialmente, può essere ritenuta di buon senso vuol dire che ignora che cosa sia il contest della Capitale italiana della cultura e pure che cosa possa essere la cultura”. In che senso? “La cultura come generatrice di cambiamento. Noi non stiamo dicendo che abbiamo la Cappella Sistina o il Ponte di Rialto e che per questo vogliamo essere premiati. Mica siamo matti. Noi stiamo dicendo che con la cultura vogliamo tirarci fuori dallo stereotipo della periferia degradata. Stiamo dicendo che anche in mezzo ai palazzoni del quartiere popolare, tra gente dignitosa e umile, nasce cultura. Lo raccontano le opere di street art, lo raccontano i cantanti che arrivano da Rozzano o da posti come Rozzano”.

 

Nessuna periferia è periferica alla cultura: lo dice, nel suo modo tra il forbito e il divertito, anche il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che alla Scala, la settimana scorsa, spiegava: “Al ministero, motteggiando, diciamo che dalle periferie dell’impero bisognerebbe arrivare all’impero delle periferie. Perché nella cultura non ci sono periferie, e perché l’impero è uno solo”. E dunque, quale periferia più periferia di Rozzano? Il governo, del resto, sulla partita pare coinvolto almeno da un punto di vista “strutturale”, con quello che è stato definito modello Caivano. “Il paese vuole investire, e già lo sta facendo concretamente insieme a Regione Lombardia, 22 milioni sulle strutture, gli oratori, la città. All’interno di questo hardware noi vorremmo mettere un software fatto di cultura e diritti. Ecco che cosa significa questa candidatura”, chiosa il sindaco.

 

Il dossier integrale è stato presentato nelle scorse settimane ed è stato reso pubblico da poco. Dentro c’è una grande co-progettazione con i cittadini, con una novantina di progetti inseriti a dossier (tutti quelli che sono arrivati) dopo la call to action lanciata dal Comune prima dell’estate, e soprattutto una co-progettazione con i soggetti del territorio, di Milano e  Lombardia. Del resto, della Regione più popolosa e ricca d’Italia, a presentarsi è stata solo la città di Rozzano, con un supporto pressoché unanime da Fondazione Cariplo a Humanitas, da Accademia alla Scala, dalle Belle Arti di Brera al Conservatorio, le Fondazioni Arnoldo e Alberto Mondadori, Arnaldo Pomodoro, Paolo Grassi, lo Iulm, Aler Milano, il Piccolo Teatro e molti altri. Tra i progetti più visionari quello del Juke-box letterario e del “Palazzo di libri” di Giangiacomo Schiavi. “Siamo soddisfatti del dossier, e speriamo possa essere non solo un successo per Rozzano, ma per tutte le periferie d’Italia che vogliono uscire dagli stereotipi nel modo più nobile, giusto e anche difficile: affrontando un percorso di arricchimento culturale dal basso – spiega il sindaco Ferretti – Per noi si tratta di un’occasione straordinaria per trasformare interventi materiali in motori di comunità”. Per essere una candidatura situazionista, pare anche molto ambiziosa.

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